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La Grande Bellezza

  • Roberto Checchi
  • Jan 28, 2014
  • 1 min read

La Grande Bellezza di Paolo Sorrentino è un film che colpisce, prima di tutto e soprattutto. Colpiscono le immagini, composte da una fotografia magistrale che ci regala flash vivissimi di una realtà che ci sembra tangibile nella sua paradossalità. Colpiscono i volti, i tratti, cosi veri, autentici, a comunicarci in modo diretto e dissacrante verità che pensavamo di non conoscere. Colpiscono gli attori, tanti, bravi, nessuno escluso. Uno su tutti ci lascerà forse una memoria in più, per apatica umanità e per l’atmosfera in cui è riuscito a calarci senza che ce ne rendessimo conto, per il modo in cui ci ha introdotti in un catastrofico ma inevitabile scenario dove la macchina da presa gira vorticosamente e instancabilmente per mostrarci ciò che non si può raccontare con le parole, il nulla. Numerose ed evidenti sono le citazioni felliniane, in particolare dalla “Dolce Vita”, ma nonostante l’ingombrante paragone la sceneggiatura, ma ancor più la regia di Sorrentino si mostrano uniche e chiaramente identificabili, un tratto unico e personale del regista. E’ un lungometraggio che non può essere giudicato, come accade per tutti i capolavori va vissuto, contemplato, a stento, capito. Ma non è soltanto un lungometraggio, è una imprescindibile necessità del regista, che non ci offre un prodotto, ma un’opera d’arte. E’ difficile scendere nei particolari quando si parla di un film come questo, che avvolge lo spettatore per 142 minuti con un ritmo prima frenetico e incalzante e poi catarticamente meditativo nel finale, lasciandolo con molte domande e con qualche risposta in più.

 
 
 

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