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I migliori film del 2016 secondo Indiependent Reviews


Appena prima della celebrazione dei premi Oscar, Indiependent Reviews vi propone una selezione dei migliori film del 2016, facendo riferimento alla data di uscita del paese di produzione. Un podio personale per ogni collaboratore, per valorizzare i diversi punti di vista sul cinema e una visione più ampia di quello che può significare vedere un film, di qualità, oggi.

1. Arrival

Arrival è l’esempio perfetto di un’opera cinematografica che ha ogni tassello al posto giusto, dalla regia alla sceneggiatura, dal montaggio sonoro alla fotografia, dalla colonna sonora agli effetti visivi, e che allo stesso tempo non pecca di pretenziosità. Oltre ad essere stimolante sul piano artistico e narrativo, dimostra come, ancora oggi, il cinema possa essere uno spazio fecondo di riflessione e introspezione.

2. The Witch

Presentato al Sundance del 2015 ma distribuito solo a partire da febbraio 2016, The Witch si è subito imposto come uno dei titoli del cinema dell’orrore più interessanti degli ultimi anni. Guidato da una spiccata verve autoriale, il film è costellato da un senso onnipervasivo di inquietudine e angoscia, forte del complesso sistema di rimandi simbolici che lo sorregge.

3. Animali Notturni

Oltre ad essere un grande stilista, Tom Ford si riconferma dopo A Single Man anche come un ottimo regista e sceneggiatore, in quello che è un thriller psicologico dalla (de)costruzione narrativa intricata e cerebrale, guidato da un cast di tutto rispetto e da un Aaron Taylor-Johnson che per l’interpretazione del suo villain malato e disturbato si è guadagnato meritatamente un Golden Globe.

Esclusi dalla top 3 ma che meritano una menzione speciale sono: The Handmaiden, splendido thriller erotico-psicologico di Park Chan-wook (conosciuto in Occidente soprattutto per Oldboy), e The Neon Demon, l’ultima fatica di Refn che riconferma ancora una volta il grande senso estetico del regista danese.

1. Animali Notturni

Il secondo film di Tom Ford, che si basa sul romanzo Tony and Susand di Austin Wright, si dimostra opera completa, coinvolgente e forte. La recitazione del cast è sempre convincente, specialmente quella del protagonista maschile interpretato da Jake Gyllenhaal. Ottima la regia e la fotografia.

2. The Neon Demon

Opera che conferma, se davvero se ne sentisse ancora il bisogno, Nicolas Winding Refn come uno dei registi più interessanti e coraggiosi del momento. La fotografia curata da Natasha Braier è semplicemente meravigliosa, così come le musiche di Cliff Martinez, ormai storico collaboratore del regista.

3. Lo chiamavano Jeeg Robot

È possibile notare in questa pellicola una riuscita ibridazione tra il genere del momento (il cinecomic) e l’inventiva italiana. Mainetti dimostra di aver voglia di sperimentare e di spingersi oltre i generi che maggiormente appartengono alla nostra cinematografia, senza però dimenticarne la storia.

Non nella mia top 3 ma da guardare con una certa attenzione sono Arrival e The nice guys.

1. Lo chiamavano Jeeg Robot

Un film di Gabriele Mainetti. Sebbene non sia il primo film di supereroi italiano, è sicuramente l’opera che più ha rinnovato il genere, portando una ventata di novità nel nostro panorama cinematografico, un nuovo sangue che si sprigiona dal genere e alimenta le nostre speranze di un cinema di intrattenimento di qualità. Rivoluzionario e tradizionalista allo stesso tempo, riesce a colpirmi in ogni suo aspetto, dalla sceneggiatura ben equilibrata, al comparto attoriale, con delle fantastiche prestazioni di Claudio Santamaria e Luca Marinelli. Lo chiamavano Jeeg Robot è già un classico del cinema italiano.

2. La loi de la jungle

Di Antonin Peretjatko. Ecco come i francesi ci spiegano la commedia. Purtroppo quello che considero uno dei migliori film dell’anno, non vedrà mai la luce delle sale italiane. Uscito in Francia nel Giugno del 2016, da noi non è stato distribuito, se non in occasione di festival e in poche sale d’essai. Un’opera satirica e pungente, in cui il regista riesce a dare il meglio di se giocando con la materia stessa del cinema: il découpage. Ingannando lo spettatore con falsi finali e trappole di montaggio.

3. Ave Caesare!

Film ampiamente sottovalutato, Ave Cesare! è un inno alla bellezza della Hollywood classica. I fratelli Coen ci riportano in un tempo in cui i grandi studios regnavano incontrastati nel cinema. Ogni grande attore era anche un grande divo, costruito dalla macchina dello studio system e il lieto fine era un obbligo, non una scelta. Un viaggio attraverso i generi che hanno fatto la storia, i munifici peplum, i musical in stile MGM, il western e i suoi attori monolitici; tutto inserito nella cornice di una spy story, raccontata con il solito irriverente taglio che contraddistingue i loro film.

Chiusa la top 3, vale la pena menzionare altri due film:

Your name, di Makoto Shinka: bellissimi disegni, maestria nell’uso del montaggio e una colonna sonora emozionale, ci fanno perdonare una storia un po’ ingenua (nel senso positivo del termine).

Deadpool, di Tim Miller: un film di supereroi come non si era ancora visto, divertente, pop e metacinematografico.

1. Juste la Fin du Monde

Elogiare un film in cui nessuno rimane sbudellato è fortemente contrario alla mia natura; tuttavia, la singolare bellezza di questo piccolo gioiello di Xavier Dolan non mi ha lasciato scampo. In effetti, risulta tanto diverso dai film che siamo abituati a vedere quanto si avvicina all’opera teatrale: il film è un susseguirsi di dialoghi, a volte divertenti a volte profondi, ma che mai perdono di naturalezza, spesso incastrati in soffocanti primi piani. Questo è pienamente al servizio della storia, in cui uno scrittore si trova intrappolato in una giornata con la propria famiglia che non vede da tempo. Il dramma quotidiano si consuma lentamente, fino a un’eruzione di tensione quasi insopportabile. Potrebbe non essere di vostro gusto, ma se invece lo è, lo amerete.

2. The Witch

Al centro di questo horror storico magistralmente girato c’è il tema del divino; il timore, come il regista Robert Eggers è riuscito a cogliere così bene, ne è soltanto un naturale aspetto. Vedremo una famiglia di coloni affrontare le difficoltà di un mondo concreto, guardando però sempre allo spirituale, al trascendente, ed è così che potremo persino intuire dove idee apparentemente primitive e incomprensibili, come quelle alla base della caccia alle streghe, siano nate, ovvero in quella regione oscura al di là della comprensione umana. Il film sul sovrannaturale più realistico che si sia mai visto.

3. Arrival

Capisci il valore di un film di fantascienza quando, fuori dal cinema, le discussioni con gli amici tra l’intellettuale e l’idiota si protraggono all’infinito nonostante il gelo. Arrival appartiene a pieno titolo a questo tipo di fantascienza, l’unico che merita veramente questo nome: una narrativa che fa pensare, che con la finzione parla della realtà. Questi aspetti sono inseriti in una storia dal forte impatto emotivo e che non ha nemmeno bisogno di colpi di scena per tenere viva l’attenzione, in quanto le scoperte lo spettatore le fa gradualmente, di pari passo con la protagonista. Un’idea geniale stupendamente sviluppata.

Altri due film che vorrei far conoscere sono Animali Notturni, una storia crudele raccontata con un innovativo intreccio di narrazioni, e The Neon Demon, con la sua particolare atmosfera di abbagliante inquietudine, frase che di per sé non vuol dire nulla ma che capirete guardando il film.

1. The Neon Demon

L’ultimo film di Nicolas Winding Refn, pur non essendo il suo capolavoro, è una dimostrazione perfetta di come una pellicola possa reggersi su un singolo, semplice concetto. “La bellezza non è tutto: la bellezza è l’unica cosa” dice un personaggio di The Neon Demon. Questa frase è contemporaneamente il punto di partenza del linguaggio estetico ed estremo di Refn e il punto di arrivo della storia dei personaggi, la chiave che ci permette di scoprirli.

2. Lo chiamavano Jeeg Robot

Gabriele Mainetti è una delle maggiori incognite del nuovo cinema italiano. Un esordio simile sul grande schermo (con una fila invidiabile di premi) carica di responsabilità e di aspettative il futuro. Jeeg Robot è il film italiano più intrigante, magnetico e appagante dell’anno. E pure il più ruffiano.

3. Juste la Fin du Monde

Per il suo sesto lungometraggio Xavier Dolan mette insieme alcuni tra i nomi migliori del cinema francofono. È solo la fine del mondo dimostra ancora una volta come il regista abbia una cura particolarissima per la qualità estetica dei suoi film e riesca parallelamente a caricarli di una pressione emotiva che pochi riescono a creare.

Due menzioni speciali al cinema europeo con La pazza gioia, film italiano di Paolo Virzì e Julieta, l'ultima fatica di Pedro Almodovar passata in sordina.

1. Poesìa sin fin:

A dare prova di estrema lucidità un anziano Jodorowski anticipa la morte siglando la fine della sua vita d’artista con questa firma autobiografica ed autovalutativa, alla ricerca di un senso che sfugge se non quello indiscusso di “vivir como quiera tu”.

2. The Neon Demon

In totale disaccordo con la critica che è giunta a fischiare scene a mio avviso non meno che necessarie ritengo l’ultimo film di Nicolas Winding Refn una splendida riflessione sul potere t(r)aumaturgico della bellezza estetica, qui mostrato nei contenuti e nell’impattante composizione formale della pellicola. Un film visceralmente femminile dove i simbolismi riecheggeranno a lungo in attesa di essere completamente decodificati. Comparto sonoro, fotografia e scenografie pulsano in sincronia per accompagnare una perfettamente in parte Elle Fanning dalla bianca luce di un iperuranico set fotografico (e Platone, badate bene, è perfetto per leggere l’opera) alla sanguigne e triviali bassezze della lotta alla prevaricazione. L’unica cosa che conta è brillare più di chiunque altra nella stanza, solo poi si passerà ai contenuti della mente.

3. Juste la Fin du Monde

Pezzi incomponibili. Una serie di conversazioni che si intrecciano come una serie di binari, però tronchi. Antiche dinamiche ora inadeguate, vecchi ricordi condivisi ormai sbiaditi. Il proprio nucleo familiare può mai essere l’interlocutore meno adatto per liberare la propria interiorità?

Esclusi dalla top 3 ma idealmente al quarto e quinto posto sono Arrival, fra i protagonisti nel panorama delle pellicole che fanno della fantascienza occasione di autocoscienza, e Il cliente, una storia che gioca con la censura, quella di un paese – l’Iran – e quella del microcosmo di coppia.

1. Paterson

Se il cinema di per sé tende a raccontare vicende che esulano dalla nostra quotidianità per trasportarci in altri contesti, l'ultimo film di Jim Jarmusch fa breccia nei cuori nel suo delicato intento di rappresentare ciò di cui si costituisce una vita ordinaria, la poesia che si può trovare nella routine e le sottili dinamiche interne dei rapporti stabili, in una piccola cittadina del New Jersey. E colpisce nel segno.

2. Juste la Fin du Monde

Xavier Dolan è una delle figure registiche più interessanti degli ultimi anni. Per la prima volta con un soggetto non originale tratto da una pièce teatrale, l'enfant prodige canadese dirige un cast stellare in un complicato intreccio di rapporti delimitati da una cornice familiare, dipingendo con il proprio elegante gusto estetico che fa già scuola un dramma personale dal retrogusto amaro sullo sfondo di una incomunicabilità mai risolta.

3. Manchester by the Sea

Se sorprende pensare che un film come Manchester by the Sea esca in America e sia candidato agli Oscar, sapere che abbiamo davanti un regista poco più che esordiente fa ancora più effetto. Un dramma antispettacolare che ruota attorno alla tragedia di una perdita, ponendo come raramente accade un uomo al centro della vicenda, mostrandone l'irrazionalità in una pellicola cruda che lascia spazio anche a qualche sorriso.

Da non sottovalutare nonostante sia passato in sordina anche Dopo l'amore, l'ultimo film del talentuoso regista belga Joachim Lafosse che analizza il difficile epilogo di un rapporto amoroso fra due coniugi e Poesia sìn fin, il testamento spirituale e introspettivo di un grande artista come Alejandro Jodorowsky.

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