top of page

ELASI: in 10 artisti vi racconto chi sono


Dopo diverso tempo torniamo a riproporvi la più classica delle nostre rubriche con un nuovo ospite, ELASI. La giovane alessandrina trapiantata a Milano ha da poco pubblicato il suo primo singolo, Benessere, uscito lo scorso 9 ottobre in esclusiva su Rolling Stone e oggi ci racconterà un po' quali sono i nomi che più la hanno più influenzata nella sua formazione.

Laura Mvula - Con una formazione in composizione classica e nei cori gospel, Laura Mvula scrive musica che non assomiglia a niente, ma che non fa trasparire nulla né di cervellotico né di virtuosistico: un pop unico, elegante e intelligente. Amo i suoi arrangiamenti orchestrali, ritmico-centrici, super contemporanei: lei usa e tratta la voce come uno strumento a fiato nell’orchestra.

La voce ognuno di noi è il suono più unico che esista… saperla usare nel modo più visceralmente sincero in una composizione è, secondo me, una delle chicche che insegna Laura Mvula a chi è alla ricerca di sound veramente personale (pur rimanendo nel “mondo del pop”).

Moodymann - Scelgo lui come dj/producer rappresentante dell’anima di tutti i clubber che ballano col sorrisino sulle labbra (come me).

St. Vincent - Lei mi ha fatto ragionare tanto su questo: prendi tutto quello che hai imparato sulla chitarra, destrutturalo e fanne qualcosa di veramente tuo. Il tuo strumento non è fatto solo della tecnica che ti insegnano nelle scuole e nei conservatori, ma è fatto soprattutto della tua personale e libera espressione. Certo, è importante studiare, certo, è importante avere dei maestri e degli idoli da imitare (spaccandoti dita e cranio per ore, mesi, anni…), ma non bisognerebbe mai togliere troppo tempo alla ricerca del proprio suono.

Ci sarà sempre qualcuno più bravo di te tecnicamente (un bambino prodigio cinese o il tuo chitarrista di riferimento), quindi tanto vale…L’importante non è essere strumentisti virtuosi, l’importante è essere musicisti stilosi.

Fela Kuti - “Music is a spiritual thing, you don’t play with music” diceva Fela. Ogni suo pezzo è un messaggio di libertà: la libertà per cui si lottava (e per cui si lotta) in Nigeria, la libertà che cerchiamo sempre un po’ tutti quando sentiamo il bisogno di buttare fuori quello che ci brucia dentro, la libertà che assaporiamo mentre ci muoviamo nell’ipnotica immaginaria danza tribale dell’afrobeat…

Tom Zè - Tutta la musica brasiliana mi ha dato tanto. I cantautori/cantanti tropicalisti mi insegnano a usare la voce nel modo più sincero e meno artificioso possibile (“speech-level singing”…penso…) è più facile che il messaggio arrivi più forte e più chiaro a chi ti ascolta. I chitarristi bossa mi hanno insegnato le armonie più intricate senza mai farmi annoiare o scoraggiare. I percussionisti bahiani mi hanno ispirato in un sacco di ritmiche e di sonorità.

Tom Zè, rumorista, compositore e poeta, rappresenta una delle sfumature più pazze del tropicalismo. Pur lavorando sull’onda di Caetano e di Arto, ha creato uno stile suo, folle e rischioso: è stato dimenticato per tanto tempo finché non è stato rilanciato più recentemente dall’etichetta di David Byrne (Luaka Bop).

Stromae - Non è necessario essere tamarri per fare musica EDM, essere un “Jacques Brel numero X” per essere cantautore di testi profondi, cantare in inglese per far ballare le dancefloor di tutto il mondo. Stromae è la geniale e perfetta dimostrazione di questo: musica che parla di tematiche forti in una formula che, nonostante la lingua, ti arriva dritta al cuore, senza mai trascurare di farti muovere l’anca, chiunque tu sia.

Fabri Fibra - Secondo me, quest’uomo non ha mai perso un colpo da Turbe Giovanili, super underground, prodotto interamente da Neffa (anche lui nel mio cuore), fino a quest’ultimo album “più commerciale” (come direbbero quelli che criticano il suo “vendersi” alle major) Fenomeno. La lingua italiana è stupenda e, nelle canzoni, va valorizzata con formule che Fabri sa usare magistralmente: metriche, assonanze, allitterazioni, suoni e accenti che creano quel groove che, a differenza delle lingue tronche come l’inglese, non è facile da rendere con l’italiano.

Vorrei che la nostra musica esca di più all’estero e, a mio parere, una delle chiavi per far arrivare il testo anche a chi non lo sa tradurre, è scriverlo e cantarlo/rapparlo sfruttando le ritmiche e i suoni unici che solo la nostra lingua può offrire… insomma, usare l’italiano come se fosse uno strumento musicale.

Jamiroquai - Sono tutto il funk bianco di cui noi pischelli del XXI secolo abbiamo bisogno (insieme, ovviamente, ai più recenti Andersons Paak, The Internet, Thundercat…).

Pino Daniele - Lui rappresenta un simbolo forte per la musica d’autore nostrana: la perfetta commistione tra le proprie radici e le ramificazioni della musica internazionale crea una combo unica che non ci stuferemo mai di ascoltare.

E, tra l’altro, il napoletano è una lingua universale, funziona ancora di più dell’esperanto secondo me. :)

Daft Punk - Mi piace produrre musica elettronica senza aver troppe pretese: non voglio fare cose troppo complicate, vorrei solo far ballare le persone. Il sound dei Daft Punk mi ispira perché racchiude tanti generi (dance, progressive house, electrofunk, techno, hip hop…), tante intuizioni genuinamente geniali e tanta ricerca, rimanendo sempre appetibile per tanti tipi di persone e per tanti tipi di situazioni.

Follow Us
Post Collegati
Post Recenti
bottom of page