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Quattro chiacchiere con i Magellano, parla Alberto Pernazza!

  • Roberto Checchi
  • May 28, 2014
  • 5 min read

E’ uscito da pochissimo il secondo lavoro dei Magellano, band genovese dalle influenze più disparate, che vanta una commistione di generi non indifferente, senza farsi mancare il giusto gusto per il sarcasmo e per l’ironia. Visti i numerosi spunti interessanti che fornisce il gruppo, non potevamo perdere l’occasione di scambiare due parole con loro. Per questo, appena prima dell’inizio del Garrincha Loves Genova, abbiamo avuto il piacere di fare quattro chiacchiere con uno dei padroni di casa, Alberto Argentesi, noto ai più come “Il Pernazza”, voce narrante dei Magellano. Ecco cosa ne è venuto fuori!

Avete spesso detto che il vostro primo album “Tutti a spasso” è nato in viaggio, in modo quasi casuale, anche se guidato da una volontà di fondo molto forte. Potreste dire la stessa cosa del vostro nuovo lavoro, “Calci in culo”? E’ stato invece più studiato? Parlaci un po’ delle esperienze che stanno dietro a questo disco.

Allora, è stato creato in viaggio anche questo secondo album, ma è nato durante il tour del nostro scorso lavoro, sempre per Garrincha dischi. Per questo motivo, caso vuole che “Calci in culo” risulti in qualche modo più compatto, più consapevole, abbiamo capito cosa ci piaceva portare sui palchi, abbiamo smussato qualche angolo del disco precedente e lo abbiamo realizzato apposta per suonarlo dal vivo.

Voi Magellano siete in un certo senso delle voci fuori dal coro nella scena indipendente italiana, in un periodo dove vanno per la maggiore gruppi dalla vena fortemente cantautorale. Pensate di poter portare qualcosa di diverso, di nuovo rispetto agli altri?

E’ una domanda molto bella e delicata e ci vorrebbero nove interviste per parlarne a dovere. Per tanti addetti ai lavori i cantautori adesso sono la novità, io non sono d’accordo. Sono usciti dei dischi molto importanti per un certo tipo di step della musica italiana, intendo Luci della centrale elettrica, Brunori SAS, Dente. Hanno fatto anche discutere queste uscite, perché per certi versi sono dischi che ad alcuni, soprattutto ad un primo ascolto, possono sembrare derivativi, degustibus, ognuno ascolta quello che vuole. A me piacciono parecchi di questi lavori citati. Noi siamo fuori dal coro completamente. Prima di tutto perché usciamo per un’etichetta indipendente che, come dico sempre io, è l’etichetta più Hip Hop nel panorama indipendente italiano, perché spesso noi facciamo un pezzo con L’orso, L’orso lo fa con Brace, L’ officina della camomilla con Lo Stato Sociale e così via, in quella che è proprio bella la collaborazione. Oltre a questo le uscite Garrincha sono sempre un po’ particolari, magari a volte arrivano più storte, a volte un po’ più naif, l’ultimo di Brace ad esempio mi ha emozionato molto. Sono meno canoniche rispetto all’uscita di un disco, magari molto bello, prodotto alla grande, ma figlio della tradizione di un cantautorato italiano. Siamo una voce fuori dal coro anche perché, per tanti aspetti, nei circuiti dove andiamo ancora non sono pronti per robe dove noi spingiamo e lanciamo cose pesanti, nel senso di ritmo, musiche quasi electro, quasi dance, quasi moombahton, per farla breve in stile Major Lazer. In tante realtà vedo gente che mi conosceva prima per gli Ex-Otago che storce un po’ il naso, perché arriviamo spesso in contesti dove sono apprezzate cose diventate ahimè più tradizionali.

Abbiamo parlato un po’ della scena indipendente italiana Della scena musicale genovese invece, un tempo scuola di grandi cantautori, cosa ne pensi? C’è stato un impoverimento dal punto di vista della qualità delle band, o magari queste rimangono sempre molto underground e non emergono a livello nazionale, a parte casi come voi o gli Ex-Otago?

Gli Ex-Otago sicuramente adesso sono il gruppo genovese più importante, li ho co-fondati io e ne ho fatto parte per tre dischi, quindi conosco molto bene la loro storia, una storia fatta di sudore, di tour e album vari. Non partecipo al quarto, non sono più un Ex-Otago, però capisco benissimo il lavoro che c’è stato dietro. Per quanto riguarda la scena genovese posso dire che l’underground, il sottobosco, è attivo. Come dicevi tu, negli ultimi due o tre anni, tolto qualcosa che si sta muovendo parallelo nelle zone di Od Fulmine, si sono perse alcune cose. Trovo che sia molto attiva la scena Stoner o comunque dura, non quella indie-pop. C’è qualcosa di elettro, c’è tanto punk, c’è tanto post-hardcore. Nel settore indie o comunque rock, sono rimasti i Meganoidi, ancora belli attivi e cazzuti e tanta scena legata a Taxi Driver e Disorder Drama, che sono un collettivo che organizza concerti molto belli il Giovedì sera, purtroppo, volutamente o non volutamente, queste iniziative spesso rimangono di nicchia. Non so il perché di tutto ciò e tante cose vanno anche seguite, io molti gruppi tutt’ora li seguo, in altri casi si viaggia a duecento all’ora in questo campo, anche culturalmente.

Cambiando argomento, il nuovo disco è appena uscito e immagino sarete lanciatissimi nel tour, come è giusto che sia. Nonostante questo, avete già dei progetti per il futuro? Pensate che il prossimo album nascerà anche questo in tour?

Il disco nascerà in tour per forza perché se non suoniamo non lo possiamo far conoscere. Il fatto di essere sotto Garrincha ci porta a partecipare a delle manifestazioni dove con gli altri amici, colleghi, soci, riesci a portare il verbo Magellano dove magari non riusciresti. Noi scriveremmo già qualcosa, stiamo cercando però di dare a questo disco una gestazione più lunga rispetto a “Tutti a spasso”, quindi “Calci in culo” vorremmo che duri fino alla prossima estate. Significa che, come uscita ufficiale, a meno di non essere folgorati sulla via di Damasco, non vorremmo far uscire un altro CD intero. Ci potranno essere delle collaborazioni, l’idea di abbandonare gli Otaghi per far parte dei Magellano è che, da un certo punto di vista, con Filo e Danilo e magari anche con Filo come produzioni, potremmo e vorremmo e già ci stiamo adoperando, collaborare con varie realtà, come in passato hanno fatto tanti artisti. Vedi Dargen D’amico che ha collaborato con tantissimi, dalla scena rap alla scena rock, alla scena indie, fino a quella elettronica etc.

Adesso una domanda leggermente più personale, nell’ ultimo periodo hai vissuto tanto in tour, tra concerti ed eventi vari, quando non sei a scrivere o ad esibirti, cosa fai di solito?

Io sono in tour per forza anche perché non lavoro nella mia città, quindi sono sempre in viaggio, non solo per musica ma anche per lavoro. Scrivo anche altre cose, che tengo lì e scambio con altri artisti e poi ogni tanto per pagarmi le bollette faccio il vocalist nei locali. Dopo l’esperienza televisiva che ho avuto, mi sono creato un bacino d’utenza e di fan che ancora mi vogliono per fare lo scemo dietro una console.

 
 
 

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