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Intervista Abiku

  • Roberto Checchi
  • Jan 10, 2015
  • 6 min read

Il loro ultimo disco, "La vita segreta", mi ha piacevolmente colpito: un mix di suoni vintage, canzone italiana come una volta, ambienti e atmosfere soffusi e onirici, un mood malinconico e piovoso.

Sono gli Abiku e siamo qui a scoprire qualcosa di più su di loro. Partiamo con le domande di rito, secche e indolori.

Chi sono gli Abiku? Da dove arrivano, da quando arrivano, e perché?

Gli Abiku nascono nell’estate del 2009 a Grosseto, con una formazione completamente diversa da quella odierna, accomunati, come spesso accade, da gusti musicali simili (Radiohead, Indie Rock ’90 USA, Shoegaze, etc…), cominciando sin da subito a scrivere pezzi propri alternandoli a cover. Durante quell'anno ci sono state varie sostituzioni e nuovi ingressi nella band e dal

2010 la line-up è la stessa di oggi, fatta eccezione per Lore (chitarra elettrica), che si è aggiunto a noi durante le registrazioni de 'La vita segreta' e che è stato fondamentale per l'arrangiamento della veste live dei nuovi brani.

C'è una teoria che dice che i nomi delle band diventano belli quando la band ha successo. Il vostro come lo sentite? Ci raccontate com'è nato e cosa significa?

Giacomo si è imbattuto nella parola Abiku leggendo 'La Via della Fame' di Ben Okri.

Secondo la leggenda gli Abiku sono le anime dei bambini morti prima di raggiungere la pubertà e che a loro volta si reincarnano in bambini, creando così una sorta di eterna giovinezza.

Il motivo per cui l'abbiamo scelto è perché ci sentiamo degli eterni Peter Pan e affrontare il mondo con l'innocenza tipica dei bambini è fondamentale per chi come noi vorrebbe fare il mestiere del musicista. Inoltre riteniamo che il nostro nome suoni molto bene e possa funzionare e ci piace l'idea che non sia una parola appartenente ad una lingua diffusa.

Parliamo delle canzoni, della scrittura, soprattutto. I misteri sempre diversi della composizione mi affascinano: negli Abiku da dove si parte, dalla musica, dal testo, dalla melodia? E nel testo si parte dagli incisi, dai ritornelli, o dalle strofe? Potrebbero sembrare domande inutili, ma secondo me svelano percorsi mentali interessanti...

Le nostre canzoni nascono come brani folk chitarra e voce. Giacomo compone una melodia cantata su un giro di accordi mentre parallelamente costruisce il testo. Non esiste un vero e proprio ordine nella stesura delle parole, posso solo dirti che di solito di testi sono scritti di getto nel giro di pochi giorni. Il brano in questa forma viene poi portato in sala prove dove viene sommariamente arrangiato e solo in un secondo momento si procede all’arrangiamento definitivo curato per lo più da Edoardo.

Le canzoni del disco hanno una tematica comune, qualcosa che li lega? Ed è un legame esplicito o più implicito, che lasciate indovinare all'ascoltatore? Nel caso, è nato prima questo tema, o è qualcosa che avete ritrovato nella somma delle canzoni, ex post?

È innegabile che esista un filo conduttore tra le canzoni del disco che, sebbene siano molto personali, riflettono stati d’animo e atteggiamenti facilmente riscontrabili tra i nostri coetanei e tra le persone che vivono questo travagliato periodo storico. Va da sé che le tematiche riguardano il rapporto problematico tra la vita reale, quella di tutti i giorni e appunto la “Vita segreta”, cioè tutti quei processi inconfessabili che avvengono nelle zone più recondite della nostra mente: nelle canzoni infatti si fa riferimento ai ricordi, ai sogni e alle allucinazioni.

Quattro domande secche sulle canzoni de "La vita segreta:" pronti?

Prontissimi!

La canzone del disco che preferite per ciò che dice, per l'argomento, la scelta della parole, le immagini del testo.

Sicuramente “Qui Non Succede Mai Niente”, che parla della nostra città, dei nostri amici e di quello che viviamo tutti i giorni.

Quella che preferite per com'è uscita su disco.

“Otto Ore” è il pezzo che ci ha stupito più di tutti gli altri non pensavamo davvero di riuscire ad ottenere un sound del genere solo con le nostre forze. Vi anticipiamo che uscirà a breve come singolo accompagnato da un videoclip che stiamo montando in questi giorni.

Quella a cui siete sentimentalmente ed illogicamente più legati.

Visto che la gran parte delle canzoni trattano di tematiche molto personali è una domanda che andrebbe girata a Giacomo. Ti posso dire che è particolarmente legato a “Non Andare Via (Parte I)” e “I Fantasmi della Casa Accanto”.

Quella su cui avevate più dubbi (sono rimasti o sono evaporati?).

Durante le sessioni in studio de “La Vita Segreta” abbiamo registrato più di venti canzoni che via via nel corso della fase di missaggio si sono ridotte fino alle dodici della tracklist definitiva. Quindi diciamo che nel disco abbiamo incluso solo quelle che mediamente ci soddisfacevano e ti confesso che è stata una scelta molto dura!

Quella che viene capita di meno, o apprezzata più del valore che secondo voi ha.

Avevamo riposto molte speranze in “(Dammi Una Mano) Pakistan” ma purtroppo per varie ragioni che non siamo riusciti ad individuare sentiamo che non è stato apprezzato appieno. A noi sembrava un bel pezzo pop.

Passiamo al reparto sonoro, seguito nel disco da Edoardo Lenzi, che ha registrato e arrangiato il disco. Quanto "Edoardo Lenzi" c'è nel sound degli Abiku? Se doveste consigliarci tre dischi (ma anche di più, non ci scandalizziamo) che ci diano le coordinate del mood sonoro de "La vita segreta", quali sarebbero?

Il mio lavoro è per lo più quello di trovare un certa direzione all’interno delle infinite strade che la personalità di ognuno di noi crea con le proprie idee. Poi mi piace che ognuno riesca a mantenere il proprio sound, che è una cosa che bisognerebbe sempre cercare di valorizzare e mai di correggere. Il difficile è riuscire a scremare le tantissime idee di tutti perché si amalgamino bene tra loro. Come ho già detto altre volte, la cosa più importante per me è cercare di rendere giustizia alle canzoni che scrive Giacomo, quasi sempre chitarra e voce, perché è molto più facile rovinare che valorizzare quando parti da un prodotto di una certa qualità.

È difficile dire quali dischi abbiano maggiormente influenzato il sound de “La Vita Segreta”, perché siamo soliti scambiarci tante idee che provengono da dischi molto diversi tra loro e anche molto diversi da quello che suoniamo noi. Posso darti comunque qualche nome di alcuni dischi che sono stati fonte di ispirazione per il lavoro di produzione. In primis l’ultimo disco dei Craft Spells “Nausea”, poi “Cabinet of Curiosities” di Jacco Gardner, “Entropicalia” dei “The Soundcarriers” come altre produzioni Ghost Box. Anche se il sound de “La Vita Segreta” ha ben poco a che vedere con i suddetti dischi questi sono stati molto utili per attingere idee un po’ qua e un po’ là in modi spesso trasversali ed elaborati. Per citare qualcosa di italiano, anche se non siamo dei grandi appassionati di produzione contemporanea italiana, ti dico che mi ha colpito molto la produzione dell’ultimo disco di Maria Antonietta, da dove ho preso spunto per l’utilizzo di alcuni tipi di riverbero usati in modi poco ortodossi.

Ci raccontate qualcosa sulla (splendida) copertina?

L’artwork è stato realizzato dal bravissimo Roberto Redondi, grafico di Milano che collabora con la nostra etichetta. Roberto ha sviluppato in modo personale e impeccabile un’idea che ci era venuta in mente mentre registravamo il disco, cioè quella di replicare nei limiti del possibile il layout e l’impostazione generale di un’enciclopedia degli animali di quelle che si trovano a casa delle nonne. Il risultato giudicatelo voi.

Dove porta la vostra strada, ora? Come immaginate sarà il prossimo disco? Questa domanda la faccio esclusivamente a vostro beneficio, nel 90% dei casi a rileggerla a distanza di qualche tempo è divertente prendere atto del distacco tra le aspettative e la realtà, nel bene e nel male...

Il prossimo disco sarà pieno di pianoforti CP-80 passati nel Leslie, di melodie orientali suonate con chitarre armonizzate per quarte, accompagnate da batterie R&B e bassi dorici e lidii. Il tutto condito con testi metafisici tra mademoiselle a cavallo di ciliegie saltellanti e divinità che fanno apericena sul Lungo Tevere. Mi sento di poter affermare con convinzione che manterremo questa precisa rotta fino alla fine della produzione del prossimo disco. (Una cosa seria però te la dico, ci sarà sicuramente molta più carne!)

In chiusura, a bruciapelo: perché si dovrebbero ascoltare gli Abiku? Rigirandola: a chi in particolare consigliate l'ascolto del vostro disco?

Consiglierei gli Abiku a tutti gli amanti della musica italiana cantata in italiano ma sopratutto a chi piacciono i Genesis.

Grazie per la disponibilità e ancora complimenti per il disco. A presto!

Grazie a voi!

 
 
 

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