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Finistère - Alle porte della città

  • Roberto Checchi
  • Jan 31, 2015
  • 1 min read

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E’ tornato il cantautorato italiano.

Quello bello, scanzonato, mai banale.

Questo è il primo pensiero che mi viene in mente ascoltando “Lo so che mi odi”, che strizza l’occhio a “Dreams” dei Cramberries nei secondi che precedono la prima strofa cantata.

Il secondo pensiero, continuando ad ascoltare a loop l’album, è che stiamo passando da una fase di “ribellione” indie ad una fase successiva, in cui i nuovi esponenti della musica alternativa italiana si ricollegano alle basi, alle loro radici, per ritrovare un sound che aveva caratterizzato gli anni 80 e 90 dell’italico lido.

I Thegiornalisti, di cui ci siamo già abbondantemente occupati, sembravano un bellissimo imprevisto amarcord, ma potrebbero rappresentare l’inizio di un ritorno alle origini.

I Finistère , quartetto lombardo, per il primo LP traggono ispirazione proprio dalla vita di provincia, fonte inesauribile di storie e ispirazioni. Come sempre, quando il talento si collega alla vita di tutti i giorni, riescono nella stesura di un album, articolato su 11 tracce, ben riuscito e non banale. Tutte le canzoni valgono più di un semplice ascolto. Vanno capite e ci si deve immergere nel “mood” dei quattro, tra speranza e malinconia, come in “Pronti alla rivolta” o in “Sfida”. 40 minuti tondi, che vi rimarrano impressi.

"Alle porte della città" è una buona prima opera, espressione e canto di liberazione di un gruppo che promette bene e potrebbe riservarci altre belle sensazioni, una volta “entrato” in questa ipotetica metropoli.

 
 
 

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