Intervista ai Thegiornalisti
- Roberto Checchi
- Mar 7, 2015
- 5 min read
Erano al primo posto nella nostra classifica dei migliori brani del 2014 con la loro "Promiscuità" e il loro "Fuoricampo" è stato sicuramente una delle rivelazioni dell'ultimo anno (leggi qui la nostra recensione). Visto che sono passati dalle nostre parti, con una bellissima serata a Spaziomusica, abbiamo colto l'occasione per fargli qualche domanda un po' su tutto. Ecco cosa ne è venuto fuori!
“Fuoricampo” ha avuto un successo eclatante e ha trovato il favore di critica e pubblico. Era qualcosa che vi aspettavate? Quali erano le vostre aspettative su questo album?
Non avevamo aspettative perché abbiamo imparato che crearsi delle aspettative fa sempre male, però sia l’etichetta discografica sia tutto lo staff che ha lavorato insieme a noi credeva tantissimo in questo nuovo disco, per questo possiamo dire che ci siamo affidati alla loro premonizione da questo punto di vista. I più scettici alla fine eravamo noi della band, ma anche se ci siamo beccati dei disfattisti terroni diverse volte per questo nostro pessimismo, direi che possiamo essere contenti abbiano avuto ragione loro.
Dal punto di vista delle sonorità in quest’ultimo disco i cambiamenti sono stati evidenti. E’ cambiato anche il vostro modo di scrivere canzoni? Come nasce un vostro brano?
Per quanto riguarda la scrittura, se ti facessi sentire come sono nati i brani di “Fuoricampo” noteresti le stesse cadenze e le stesse linee guida che hanno sempre caratterizzato i nostri pezzi. Abbiamo un nostro preciso modo di scrivere, quello che è cambiato è dovuto al fatto che noi spesso abbiamo delle fisse. Quando abbiamo scritto questo ultimo album eravamo particolarmente convinti da quel tipo di sonorità che poi è venuto fuori, quindi abbiamo dato ai brani un vestito diverso ma il nucleo è stato quello dei primi due dischi. Rispetto ai primi due dischi abbiamo anche cercato di rendere le canzoni più “cantabili”, con ritornelli che rimangono facilmente in testa, perché ci piace vedere sotto il palco la gente che canta i nostri pezzi, è una cosa che abbiamo cercato e ci fa molto piacere sia andata come volevamo. La ottima produzione di Matteo Cantaluppi e degli arrangiamenti studiati hanno fatto il resto.
Perché gli anni ’80? Come è nata la scelta di approcciare questo tipo di atmosfere?
Quello che volevamo fare noi era un disco molto malinconico, perché siamo convinti che la malinconia sia il sentimento che produce l’arte. La malinconia è come una bile nera che l’artista autoproduce nel proprio cervello, che viene poi riversata nella pittura, nella musica etc. Siccome siamo romani e siamo cresciuti con i film di Verdone, di Nanni Moretti e con i cartoni giapponesi, che non sono comunque mai stati particolarmente allegri, abbiamo convogliato tutto in questo disco. Gli anni ’80 li abbiamo presi per creare il mood che cercavamo, ovvero l’atmosfera più malinconica possibile.
Se dovessimo provare a catalogare le vostre canzoni troveremmo da una parte brani intimisti e personali, dall’altra pezzi, se non di critica, quantomeno di analisi della società, su tutti mi vengono in mente “Socializzare” e “Mare Balotelli”, è più facile parlare di sé o degli altri? Cosa sentite più vostro?
E’ più facile parlare di se stessi, però lo devi anche saper fare, perché altrimenti rischi di finire a cantare di un qualcosa che non interessa a nessuno, che riguarda solo te. La nostra fortuna è stata che le nostre angosce, felicità e paure si sono mostrate comuni a molte persone e la gente ha recepito immediatamente il messaggio, anche perché per la maggior parte di quelli che arrivano ad i nostri brani, solitamente tramite internet, non ascolta i Modà. Parlare della società, invece, è un qualcosa che facciamo sempre nei nostri dischi, anche nei lavori precedenti ad esempio con “Siamo tutti marziani” o “Autostrade Umane”. Questo avviene perché i Thegiornalisti sono sia specchio della cronaca attuale, ovviamente secondo il nostro punto di vista, sia specchio delle intimità più assolute, come ad esempio in “Proteggi questo tuo ragazzo”. Cerchiamo di coniugare sempre le due facce della storia.
Delle influenze che si possono sentire ne avrete sicuramente già parlato tanto, c’è qualcosa tra i vostri ascolti che nessuno si aspetterebbe mai? Ci sono artisti per voi fondamentali la cui influenza è però così sottotraccia da non poter essere percepita? Quali?
Il problema è questo, io (Tommaso, ndr) di noi quattro sono quello che ascolta meno musica e se ascolto un singolo artista mi fisso e ci entro dentro fino a prenderlo totalmente. La cosa più assurda è che spesso mi capita di scoprire musica del 2001 e quando la faccio sentire a loro (il resto della band, ndr) la reputano roba vecchissima, mentre per me è una novità incredibile. Paradossalmente possiamo anche ascoltare artisti che alla gente fanno cagare, ma se hanno scritto un vero pezzone, una bomba, noi quello lo ascoltiamo. Ad esempio oggi in furgone abbiamo messo su i 30 Seconds to Mars che non c’entrano un cazzo con noi, però hanno scritto “Kings and Queens”, che è un grandissimo brano. Non siamo gente che ascolta gli artisti per discografie, anche per quanto riguarda Lucio Dalla, a cui ci associano spesso, è così. Per noi Lucio Dalla è tre dischi, dal ’77 all’’80, “Dalla”, “Lucio Dalla” e “Come è profondo il mare”.
Cambiando un po’ tema. La scena indipendente romana è sicuramente tra le più vive e produttive d’Italia, cosa ne pensate? Diteci un artista ancora sconosciuto ma che secondo voi meriterebbe di emergere anche a livello nazionale.
La band a cui siamo più legati sono sicuramente I Cani, perché alla fine si parla molto della scena indipendente romana, ma la scena indipendente romana in questo momento sono I Cani e i Thegiornalisti. Bisogna però dire che, anche grazie a questi due gruppi, si è creato un certo fermento, c’è molto questa cosa di cavalcare l’onda e c’è anche molta più apertura rispetto a qualche anno fa, adesso siamo veramente bene o male tutti amici. Per quanto riguarda gli artisti che ancora non sono emersi a livello nazionale a me (Grabriele, ndr) piace molto Lamusa, che non so se sia romano ma comunque vive e lavora a Roma. Uscendo dalla sfera romana a noi piace tantissimo Massaroni Pianoforti, quando abbiamo sentito il disco Tommaso lo ha anche chiamato per fargli i complimenti perché ci ha davvero colpito.
Proprio riguardo la scena indipendente nazionale, dopo aver esordito facendo notare che Rachele Bastreghi assomiglia a Cassano vi siete inseriti molto bene, anche con diverse collaborazioni, quale è la vostra opinione generale? A quali artisti siete più legati?
Possiamo dire quali sono gli artisti che secondo noi scrivono meglio in assoluto. Uno è sicuramente Bianconi, che probabilmente al momento è uno delle menti migliori, non solo a livello indipendente. A me personalmente (Tommaso, ndr) ha fatto impazzire il primo Bugo e poi come abbiamo già detto Massaroni e Tricarico hanno scritto dei pezzi fantastici. Glamour de I Cani è un altro disco che ci è piaciuto tantissimo.
Concludiamo con una domanda sul vostro futuro, avete già idee per il nuovo disco?
Stiamo ascoltando a mozzichi e bocconi roba nuova, perché nell’ultimo periodo siamo sempre in tour. Nei momenti liberi faccio (Tommaso, ndr) ascoltare ai ragazzi qualche pezzo che probabilmente finirà nel nuovo disco e ci stiamo già facendo delle idee. Sarà diverso perché noi facciamo sempre cose diverse, però vogliamo cercare di mantenere la vena Synth-Pop.
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