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124C41+ - 124C41+ [EP]

  • Roberto Checchi
  • Jun 12, 2015
  • 2 min read

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Avete mai letto un libro di Hugo Gersnback?

In caso affermativo complimenti. Io sono venuta a conoscenza della sua esistenza ieri.

Grazie a rocambolesche prodezze di pirateria moderna sono riuscita a leggere un po’ del suo libro 124C41+ (one to for see for one another). L’ho abbandonato senza nemmeno arrivare a metà, non sono mai stata un’appasionata di Fantascienza.

La trama è incomprensibile e a tratti veramente fuori di testa: Nella New York del 2660 uno scienziato con manie di protagonismo viene contattato sul suo videotelefono da una ragazza in pericolo di vita. La salva. Dopo qualche capitolo entra in scena un cattivissimo marziano che rapisce la ragazza e la costringe a sposarlo. Per fortuna lo scienziato scopre che tale matrimonio è illegale. Non so come finisce il libro e ho paura di scoprirlo. Ho cercato delle informazioni sullo scrittore: Lussemburghese pioniere della Science Fiction. A soli sei anni si appassiona all’elettricità dopo aver scoperto grazie all’aiuto del padre quali sono i collegamenti elettrici che permettono a un campanello di suonare. Dopo qualche anno trasforma in romanzi e racconti le sue fantasie e inventa l’Iphone letterario: il Telephot! Il videotelefono con cui il protagonista del romanzo appena citato si trasforma in super eroe.

Prima di andare a lavoro ho capito di essermi cimentata in letture che non fanno al caso mio.

Sicuramente adesso vi chiederete (sicuramente no) come mai invece di goderti l’estate ti sei messa a leggere un romanzo che nemmeno ti è piaciuto?

Prima risposta: Vivo in un paese dove ci sono i 13 gradi fissi, quindi l’estate è una grande sconosciuta.

Seconda risposta: Ho scoperto un gruppo che sia chiama 124C41+ e volevo saperne di più

A differenza del libro, questo quartetto di Terni fa proprio al caso mio.

Un esordio ruvido, spezzato, inclemente. Un misto fra post rock, musica ambient e una voce screamo che spunta quando meno te l’aspetti.

Un Ep composto da stili diversissimi e suoni che cambiano in ogni momento, come le figure di un caleidoscopio.

Uno specchio che si crepa ma ti permette ancora di vedere il tuo riflesso, delle onde che si susseguono per infrangersi sullo stesso scoglio.

Suoni spezzati che coesistono insieme, che scuotono ma rilassano. L’ambient è pacato, malinconico, rassegnato, come quando ci si trova di fronte a qualcosa sull’orlo dell’abisso, e noi siamo consapevoli della fine, ma invece di disperarci ci si rassegna, perché quando qualcosa finisce l’unica cosa da fare è lasciarsela alle spalle. Una rassegnazione vittoriosa, soprattutto quella di Tagma 1.

Un elogio particolare a Tagma 3 pe il bellissimo testo:

E noi, vinti dal suolo, come falene senz’ali, siamo l’uno l’estensione dell’altro.

Dopo un inizio come questo aspetto il resto. Spero non si facciano attendere.

 
 
 

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