Primavera Sound 2015. Il nostro racconto del Festival
- Roberto Checchi
- Jun 14, 2015
- 6 min read

Pronti.
Via.
C’è Patti Smith all’Heineken Stage.
I Belle and Sebastian stanno per iniziare all’ATP.
Gli Strokes! Gli Strokes! stavolta la prima fila al Primavera Stage non ce la toglie nessuno.
...Ma come, è già finito?
I tre giorni di Primavera Sound sono così riassumibili. Un continuo spostamento dopo l’altro da palco a palco, per scoprire ogni volta nuovi gruppi o gustarsi delle vere e proprie leggende della musica contemporanea. Un ritiro “musicale” dove il tempo assume contorni non convenzionali.
E’ uno dei principali festival europei (180.000 persone all’attivo) e non ha deluso le aspettative.
Riassume perfettamente quello che a mio avviso è lo spirito di ogni Festival che si rispetti. Permette di vivere live entusiasmanti con nomi di rilievo e, in contemporanea, di vagare di palco in palco, guidati solo da un nome, da una melodia o più semplicemente da un momento di “pausa” tra due gruppi che hai già deciso di ascoltare.
Inoltre fa sì che di volta in volta il modo di assistere ad live cambi.
C’è il live in prima fila urlando dalla prima all’ultima sillaba di ogni singola canzone.
C’è quello sorprendente, in cui sei più indietro, sei arrivato li quasi per caso e trovi una nuova band che ti accompagnerà da qui agli anni a venire.
C’è quello che ti delude, vuoi per l’audio, per il mood o per la band stessa che non si conferma all’altezza delle aspettative.
C’è anche quello vissuto seduto, su un prato, gustandosi una birra e ascoltando della buona musica.
Ma basta preamboli, ricostruiamo cosa ho avuto modo di ascoltare in questi tre giorni di full immension.
28 Maggio 2015
Neanche il tempo di scambiare l’A4 con un braccialetto “Abono” che partiamo con il primo live.
Sono le 18 e i “The Shalalas” suonano al RayBan Unplugged. Bel sound, ma c’è tanta gente e non riesco ad apprezzare i testi, in inglese. Scoprirò solo il giorno dopo che i ragazzi sono italiani!
Si passa all’” Adidas Original” per scoprire i “The Cheatas”, altra grande e entusiasmante scoperta di questi 3 giorni musicali, esponenenti dello Shoegaze cantanto dall’Orso.
A seguire, al “Pitchfork Stage” becco i Viet Cong. Post Punk, arrabbiati, per nulla scontati. Consiglio il singolo di lancio "Continental Swing" .
E’ ora di fermarsi un attimo, procedere con il pasto d’ordinanza di questi eventi (Birra e Panino, qui c’è solo l’Heineken, altrimenti sarei andato di corsa di Moretti), ci aspetta zio Tony.
E Anthony (And the Johnson) non delude affatto. Quando parte con Blind realizzi che era la voce degli Hercules & Love Affair, ma tutta la performance convince.
E’ ora del main event, tocca ai Black Keys. Li avevo già visti live, all’ippodromo per il RockInRoma, ma non mi avevano convinto.
Ho voluto dar loro una seconda possibilità, ma purtroppo la performance live è stata ancora peggio della volta precedente.
Stanchi, smunti, quasi svogliati. L’unica vera performance negativa di tutto il festival.
Fortunatamente, al “Rayban” (il palco principale stavolta) ci hanno pensato i “Jungle” a chiudere la serata nel migliore dei modi. Carica a volontà e un sound che live spinge molto più del previsto.
Si torna a casa, pronti per il DAY 2.
29 Maggio 2015
Oggi si inizia presto. L’idea era di quella di ascoltare Josè Gonzales, ma scopro subito che è un evento chiuso, con posti limitati e gente in fila da un’ora buona… Morale? Cambiamo bersaglio e ci dirigiamo ad ascoltare i “The KVB” all’ATP.
Particolari. Questa è la parola giusta. Un prato con annessa postazione da spiaggiati li rendono comunque gustosi.
Si avvicinano le 7 e arriva uno dei primi momenti clou della giornata.
“Julian Casablancas & The Voidz” sono il giusto antipasto al main stage di domani, grazie soprattutto alla cover che ci regalano. E’ "Vision of division", rifatta alla maniera dei The Voidz. Distorta, articolata, comunque godibile. E’ sempre Julian che canta!
Nuovo cambio palco e primo vero mostro sacro. All’Heinenken stage suona “Patti Smith”.
E’ in tour con la sua band riproponendo nella sua interezza Horses.
Live emozionante, Patti Smith dimostra allos stesso tempo cosa significhi essere un’artista e una professionista, prima ancora che una star. La performance più intensa e più soprendente di tutti i 3 giorni, per qualcuno che appartiene ad una generazione diversa dalla sua.
Il resto della serata scorre facile. I Belle & Sebastian hanno già iniziato il concerto quando riusciamo ad avvicinarci, ma la loro musica semplice e ben ritmata ci trascina subito. Splendido il momento in cui hanno deciso di far salire gente random sul palco (dal minuto 46, lo vedete qui). Non ci si può fermare però, Breve stop per ascoltare i “The Church” (non esattamente il mio genere ma sono delle vere e proprie istituzioni australiane del post punk) e via verso i “Run the Jewels”.
Questi ultimi sono decisamente particolari. Possono sembrare ripetitivi, ma sono dei cazzoni cosmici (in senso positivo). Reggono il palco in maniera impeccabile e ogni canzone è una una botta di adrenalina. Non ci credete? Cominciate con questa!
Inizia già il concerto in un altro main stage: Gli “Alt-J” sono esattamente come te li aspetti, la stessa qualità del disco, solo live. La coreografica minimale e psichedelica ti immerge nel mood giusto, mentre loop su loop ti accompagnano per un’ora abbondante.
Chiudiamo in bellezza la serata con una delle maggiori rivelazioni del festival. I “Ratatat”.
Ascoltate una loro canzone. Una qualsiasi. Sono semplicemente favolosi e infatti fanno ballare al ritmo della loro elettronica atipica e schitarrata tutti i “reduci” delle prime ore del mattino del Primavera.
Sono di nuovo le 4, finisce un’altra giornata.
30 Maggio 2015
Oggi è IL giorno. Il biglietto dei 3 giorni del festival l’ho acquistato principalmente per loro, quindi arriviamo più tardi del solito, anche perchè domani mattina abbiamo l’aereo, dormiremo massimo 3 ore e bisogna essere carichi fino alla fine.
Il primo gruppo che ascoltiamo è quindi quello del figlio di John Lennon (“The ghost of a saber tooth tiger”). Non siamo di fronte ad un genio, ma Sean si difende bene, con un Pop brillante e facile da ascoltare, mentre la bassista\pianista\qualunque cosa sia unisce una tecnica impeccabile a un’avvenenza incredibile. Sarà il fascino del(la) musicista, ma il live me lo vedo tutto.
Salto rapido a sentire gli American Football e ce ne torniamo di nuovo al Primavera Stage per i “Foxygen”. Eccessivi, questa è la migliore definizione per questo gruppo americano. E’ il classico gruppo che puoi ascoltare se ti trovi ad ascoltarli, ma sono decisamente convinti di loro, tra scenette e canzoni trascinate un po troppo a lungo.
Opinabile la scelta di farli suonare nel main stage ad un orario di punta.
Il vantaggio? Ci permette di raggiungere le prime file, da dove ascoltiamo in lontananza il concerto degli “Interpol” (scusate ragazzi, ma non rischio di perdere una posizione privilegiata per venire a sentire le vostre pur ottime melodie).
Solo le 23 e 45 del 30 Maggio 2015. E’ ora.
15 minuti di ritardo e finalmente parte la bolgia.
Il concerto degli strokes è esattamente come te l’aspetti e molto di più.
Non aspettatevi grandi interazioni con il pubblico. Sono il gruppo che ha rivoluzionato gli anni 2000, suonano da 15 anni, si conoscono a memoria. Sembra che stiano suonando per loro. Tra una canzone e l’altra parlano, scherzano, si divertono e decidono cosa suoneranno dopo.
Esattamente.
Sembra non esserci una scaletta ben precisa, che suonino davanti a 5 amici o 100.000 persone non cambia il loro modo di essere. Suonano per loro, prima che per noi, ma il risultato è un’ora e mezza di classici suonati al livello di un album, solo meglio.
Grande è stato il vantaggio di poterli ascoltare senza un nuovo album alle spalle (per Comedown machine praticamente non hanno fatto neanche un tour!) così da poter spaziare lungo tutta la loro discografica, spaziando di hit in hit.
Gli Strokes sono decisamente meno famosi in Italia di quando non lo siano nel resto del mondo, ma se non li conoscete a fondo, è il caso di recuperare.
La fine di questo ultimo giorno è “ordinaria amministrazione”.
Un Mix tra Underworld live all’Heineken e i “The Oh shees” dalle 1 e 30, per poi chiudere con Caribou.
Il Primavera Sound 2015 per me finisce qui, con Odessa in sottofondo e tanto sonno da recuperare, ma una esperienza straordinaria alle spalle.
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