Arance, Edipo, fantasmi e tentazioni: L’Ultima festa di Cosmo traccia per traccia.
- Roberto Checchi
- Apr 8, 2016
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È un momento abbastanza difficile per la scena indipendente italiana, sempre più ossessionata dalla ricerca di un’identità che non sia solo commerciale, ma anche e soprattutto musicale, stilistica, storica. Monsignor Calcutta ha dimostrato con relativa facilità quanto il confine tra indie di nicchia e mainstream sia labile, una questione di numeri più che di genere, una recinzione voluta dallo snobismo degli insider e dalla ignoranza degli outsider. Sono giorni di stasi, giorni di fan club e critici musicali che, disorientati dalle acrobatiche evoluzioni di un mercato indecifrabile, si lasciano andare ad immotivati attacchi trasversali, come serpenti impauriti che attaccano squame al muro (vedi http://www.rockit.it/articolo/elisa-critica-paolo-madeddu-recensione ). Scrivere di un album oggi è quindi difficile, soprattutto se l’album piace, soprattutto dopo aver parlato entusiasticamente di Aurora de Icani o dello già citato Mainstream: si rischia l’inflazione. E proprio perché si rischia l’inflazione, diciamocelo, L’ultima festa di Cosmo è il disco del mese, se non dell’anno. Marco Jacopo Bianchi, aka Cosmo, in 8 nebbiose tracce “risponde” con voce cristallina agli interrogativi di un centro Italia disperso e chic, quel centro che ha generato I Cani e Calcutta, chiude quel cerchio che lega Ivrea alla Sicilia, ricorda Colapesce per i temi, si perde e si ritrova. Ne L’ultima festa troviamo la bellezza che Roma sta dimenticando, una bellezza “familiare”, quella bellezza schietta dei pigiami logori cantati da Colapesce in salsa piemontese, con più elettronica, senza mare, con “i sentieri di fango”, i Suv al posto delle barche, senza fisica quantistica, con gli sputi dal ponte. L’album si apre con il singolo Le Voci, già disponibile sul Tubo con tanto di videoclip firmato Sterven Jonger nella persona di Jacopo Farina. Le voci suggeriscono un panorama di tentazioni e abiezioni quotidiane: sembra di toccare con mano una selva di sussurri, di consigli, ora istintivi e naturali, ora artificiali e perversi. Jacopo Farina correda il tutto con un video allucinato, grigio, autostradale. Ivrea è vuoti colmi di vapori parlanti, ritmi tenebrosi, fari accesi sull’asfalto, brindisi al nulla. L’ultima Festa continua il lavoro cominciato dalle voci: è lo sfogo, un ritmo costruito a botte di synth e drum machine, un inno alla vittoria alcolica sul vuoto cittadino. La festa è la Battaglia delle Arance di Ivrea. Dicembre è quella bellezza di cui parlavamo prima, quella bellezza che fiorisce “nei paesini di vecchi”, quella provincialità familiare che diventa stretta a vent’anni: la protagonista di Dicembre assomiglia molto a quella di Baby soldato di Niccolò Contessa, e questo particolare vale la pena coglierlo. Se il cantautore romano è tutto preso dalla descrizione del “dopo”, del “post-provincia”, del rimpianto, al contrario Cosmo analizza “il rimasto”: quello che era, un padre, quello che poteva essere ma non è stato, ed è passato ormai. L’altro Mondo, dopo Dicembre, riporta alla “ballalibità” la cifra dell’album: è ballare intorno al falò delle paure in fiamme, è il totale darsi, quasi per fede, ad un te generico, qualcuno verso cui correre ogni giorno, senza pensarci. Tutto diventa alieno e caotico, senza te. Con Impossibile Cosmo affronta il tema della necessità del reale: coincidenza o destino? Con la meraviglia di un amante alla prima esperienza, l’artista rimane interdetto, in una stasi ritmata che ci porta alla fine dei 4:44 quasi meditando. Il mondo è il posto dove accade l’impossibile: in questo paradosso la risposta. E se di impossibile che accade stiamo parlando, Cazzate è la traccia che lo dimostra. Cosmo stupisce con un brano scarno che è quasi rap, che rivela tutta l’incomunicabilità delle quotidianità individuali. L’importante diventa stupidaggine, perché basta cambiare punto di vista, perché alla fine sono tutte cazzate. Con Regata 70 Marco Bianchi da Ivrea compie l’incompiuto, rivoluziona nel suo piccolo la musica italiana. Regata 70 è un brano confuso, come è giusto che sia, perché Regata 70 parla di complesso di Edipo, per la prima volta in una canzone italiana, in una maniera mai esplorata, estremamente vera, sincera, smaliziata. Lontano dall’approccio intellettualoide e sinistrorso, Cosmo riconosce una sorta di intrinseco errore in quella figura “travestita da mia madre”, e tuttavia non lo “rinnega”, anzi riconosce in esso “il segreto dell’amore”. Rivoluzionare un genere musicale è difficile, trovare “nuovi temi” di cui parlare nelle canzoni lo è ancora di più: Cosmo ci è riuscito e forse nessuno ancora se ne è accorto. L’ultima festa si chiude con Un lunedi’ di festa: l’atmosfera si stempera, la situazione si fa “bucolica”, semplice, a tratti adolescenziale. Un amore semplice, che assomiglia tanto a quello della “Luce dell’est” di Battisti. E poi il disco termina e la puntina esce.
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