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Carillon - Carillon

  • Roberto Checchi
  • May 30, 2016
  • 1 min read

L'omonimo primo disco dei Carillon è un tuffo in un oceano caldo e rassicurante, che pure se s'increspa e agita non risulta mai scostante, ma sempre pronto ad abbracciare e a inghiottire; un oceano fatto di maree di pop umido, di voci ondose e rasserenanti, batterie distanti, chitarre ipnotiche e un tocco sintetico a rifinire i bordi.

I Carillon cambiano lingue e attitudine, crescono e si spengono, si gonfiano epici e tornano a sussurrare; l'identità è forte, ancora forse non personalissima, ma con un avvenire quanto mai luminoso. La cura nei suoni, negli arrangiamenti e, in generale, nell'approccio ideale al progetto sembra già matura: i quattro sono sempre molto attenti e precisi, salvo qualche confusione di troppo qui e là, soprattutto nel reparto ritmico, o sparute tracce di spigolosità evanescente che s'insinuano nell'amalgama tra gli strumenti; ma sono piccolezze. Il disco scorre comodo e affascinante, e conquista emotivamente prima ancora di convincere razionalmente. Non rimangono magari le singole canzoni, ma il mood è scintillante e ipnotizza l'ascoltatore senza troppo sforzo.

Bisognerebbe verificare che l'innamoramento si trasformi, prima o poi, in amore: ma possiamo anche accontentarci di una cotta bruciante ed effimera, se l'oggetto della nostra infatuazione contiene brani come Dear Mum, cavalcata iridescente e multiforme, o lo spirito groovy e rotolante della strumentale F.M.. Chissà? Carillon è un disco che potrebbe anche essere l'inizio di una bella, appassionata storia d'amore. Io lo spero vivamente. Lorenzo Cetrangolo

 
 
 

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