Full Vacuum Arkestra - Dìa-Luz
- Roberto Checchi
- Jun 18, 2016
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Un giorno-luce è la quantità di spazio percorso nel vuoto dalla luce in un giorno. I Full Vacuum Arkestra chiamano così (in spagnolo: “dìa-luz”) il loro secondo disco, e ne fanno un’opera ispirata alla giornata e la sua scansione, dove ogni traccia è associata a un’ora “in base a sensazioni di luce e atmosfera”.
È effettivamente un disco molto luminoso e ritmico, Dìa-Luz: un crocevia non comune di reggae, dub, hip-hop, r’n’b, sapori latini e risonanze mediorientali. Il cantante e autore dei brani, Davide Barca, si porta al centro della scena con una voce che rimane in testa e un’abilità da giocoliere nel far roteare le parole tra rime e assonanze, dando ai testi un ritmo e un movimento peculiari, simpatici. La band, ora di cinque elementi, sostiene parole e voce con passione ancheggiante. Il risultato è un disco che nella sua brevità riesce a rimanere appiccicato quanto basta per non scivolare via innocuo.
Certo, alcune scelte stilistiche sono (immagino fieramente) fuori moda, ma c’è una traccia sotterranea di ironia intelligente, di ghigno brillante, che rende meno ovvi e meno pesanti alcuni momenti in cui si pesca da tradizioni che, per quanto nobili, possono oggi sembrare cliché (il reggae classicheggiante di Suona, per esempio, o il mood di Assai: che però appunto riesce a smarcarsi da alcune pesantezze con un’agilità imprevedibile).
Dìa-Luz è un disco che non è come appare: ad un primo ascolto potrebbe sembrare troppo facile, un’opera auto-relegatosi nella “riserva indiana” che certi generi si costruiscono (o si sono costruiti) attorno, portandosi dietro una nomea poco lusinghiera fatta di andamenti preconfezionati, contenuti sciorinati per slogan, elementi ripetuti fino alla nausea. Ecco, i Full Vacuum Arkestra sono la prova (se ce ne fosse bisogno) che i pregiudizi, in musica, sono ingannevoli persino più che altrove. Dìa-Luz non sarà il disco che vi cambierà la vita e non fuggirà totalmente quei, soliti, mondi, ma è capace di creare, qui e là, un linguaggio e delle atmosfere che, per quanto derivativi, sanno parlarci col cuore in mano, la testa per aria e il culo ondeggiante. Facile, sì, ma senza sciatteria. Lorenzo Cetrangolo
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