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The Floating Ensemble: in 10 artisti vi raccontiamo chi siamo

  • Roberto Checchi
  • Sep 12, 2016
  • 4 min read

E' passato diverso tempo, ma è arrivato il momento di tornare un po' ad indagare sulle influenze che si celano dietro i lavori che ascoltate tutti i giorni. A questo giro i nostri ospiti sono i The Floating Ensemble, giovane band emiliana che ci ha fornito un po' di nomi interessanti attraverso i quali raccontare il loro progetto.

Nick Drake - Un uomo e un musicista di quelli che nascono ogni mille anni. Se i nomi di Cassin, Bonatti e Messner rappresentano universalmente le tre generazioni di Supereroi che hanno fatto la storia dell’alpinismo, nel mondo del folk moderno il nome di Nicola Drago (pur inspiegabilmente in silenzio) deve entrare a pieno titolo in mezzo a quelli di Neil Young e Robin Pecknold.

L’introspezione, il senso del bello e al tempo stesso delle debolezze umane raccontate con una leggerezza e uno stile inconfondibili e dall’ enorme cifra musicale.

Un disco: F ive Leaves Left , la sua opera prima, come farsi aprire l’anima in due e poi stare bene. Un brano: P lace to be , nell’insicuro mondo Drakiano, un punto fermo per ogni essere umano.

The Beatles - Sui Beatles si è detto (quasi) di tutto. Per alcuni sono solo miti del passato ingialliti come le pagine di un libro dimenticato. Per noi rimangono una miniera d’oro. La loro ispirazione e il pensiero musicale trasversale e multiforme destano ancora oggi notevoli spunti, per la maggior parte della (buona) musica in circolazione.

Un disco: Revolver , un capolavoro immortale e visionario.

Un brano: Y ou’ve got to hide your love away , una ballata folk perfetta, che se suonata oggi da Father John Misty o Tallest Man On Earth verrebbe venerata senza riserve. Epperò siamo ancora nell’agosto 1965.

Sleepy Sun - Un meteorite lanciato a vorticosa velocità buca l’atmosfera e punta dritto dritto verso la California e il deserto del Mojave. L’atterraggio crea un intenso fragore e dalla nube di sabbia che si è formata, escono gli Sleepy Sun. Una band intimista e guidata dal carisma di Breto Costantino che fa dei suoi punti di forza riff killer e melodie blues scolpite nella roccia permeata dal calore del west americano: densi e carichi come una colata di lava psichedelica.

Un disco: Embrace , il primo, quantomeno nell’ordine di ascolto per chi deve ancora conoscerli.

Un brano: V.O.G. , una furia minimale e psichedelica.

Do Make Say Think - Una band capace di portare il cosiddetto postrock ad un livello superiore album dopo album. La loro miscela di punk, jazz, psych ed elettronica viene utilizzata come carburante per intraprendere un viaggio sonoro imprevedibile che, dopo aver condotto l’ascoltatore intorno alle orbite di pianeti lontani, lo scaraventa nell’introspezione più profonda.

Un disco: You, You’re History in Rust, una tavolozza che comprende tutti i colori dei DMST.

Un brano: The Universe! / A Tender History in Rust , due tracce… Due tappe dello stesso viaggio.

Tame Impala - Certamente non i primi a rispolverare il sound psichedelico anni ‘60 e ’70, ma Kevin Parker e soci sono stati in grado di porsi fin da subito come punto di riferimento della nuova scena psych rock grazie al loro songwriting efficace e ad una produzione che non lascia nulla al caso. Le loro atmosfere lisergiche e i loro groove trascinanti ci conquistarono immediatamente.

Un disco: Innerspeaker, l’esordio fulminante e senza aspettative.

Un brano: Solitude is Bliss, una spirale sonora dalla quale è difficile liberarsi.

Hiatus Kaiyote - Se Nai Palm fosse nata in Attica, intorno al 500 a.C., non le sarebbe stato difficile accedereal titolo di ‘Musa’, e durante le celebri Dionìsie avrebbe fatto di certo sfracelli, tra una commedia recitata e un’ode al Dio. Purtroppo o per fortuna è australiana, ha una band, si chiamano Hiatus Kaiyote, e il loro neosoul fonde nella maniera più sensuale possibile tutta la tradizione acid jazz dei vari Incognito e Jamiroquai con una pulsante vena hiphop, fatta di stop, cambi di cadenze, divagazioni elettroniche, ma soprattutto della voce totale, allucinogena, e pur sempre ‘da Musa’ della loro leader. Un must degli ultimi cinque anni.

Un disco: Choose Your Weapon, perfetta sintesi di quanto detto sopra.

Un brano: Nakamarra, il nostro primo ascolto.

Grizzly Bear - L’incarnazione dell’idea di band. Quattro musicisti completi, capaci di suonare tutto, tutti cantanti e tutti con voci splendide. Ah, e poi: due di loro sono fenomenali cantautori. Premesse che non automaticamente generano un grande complesso rock, ma che in questo caso hanno prodotto qualcosa di assolutamente inimitabile. Un pop vendibile e allo stesso tempo raffinato, coinvolgente, saturo di citazioni sonore, di contaminazioni classiche e psichedeliche. Un suono a cui secondo noi difficilmente si arriva senza uno studio e una passione viscerale per la musica.

Un disco: Friend. Bellissimo, pur non essendo tra i più celebri.

Un brano: Sleeping Ute . Ciao.

Grateful Dead - Non certo il genere, ma sicuramente l’idea di gruppo che più ci appartiene. Coloro che hanno reso appassionanti a qualsiasi ascoltatore le famose sessioni di improvvisazione psichedeliche e apparentemente destrutturate. Una perdizione dominata dal gusto e dalle temperature di San Francisco.

Un album: Live/Dead. Un fulmine a ciel sereno.

Un brano: St. Stephen. Manifesto.

Motorpsycho - Camaleontici, imprevedibili ma al tempo stesso con una identità granitica. Capaci di riuscire a colpire nel segno, utilizzando strutture assolutamente non convenzionali ma in grado di penetrare sotto pelle dopo pochi ascolti. Maestri nella fusione di stili, dall’hardrock, al progressive, passando per la psichedelia e il folk.

Un album: It’s A Love Cult. E’ scritto nel titolo...

Un brano: Circles.

Slint - Gli Slint, nemmeno ventenni, compiono una delle ricerche più sofisticate mai realizzate su ritmi e timbriche, e finiscono per pervenire a una qualità quasi trascendente. Ricostruiscono da capo il rock senza rifarsi ai suoi stereotipi, alle icone sonore, ai codici prefabbricati. Immortali.

Un album: Spiderland. Pietra miliare.

Un brano: Breadcrumb Trail.

 
 
 

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