The Neon Demon
- Roberto Checchi
- Oct 26, 2016
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Dopo le numerose critiche ricevute per Solo Dio perdona, Nicolas Winding Refn sceglie di ritornare con The Neon Demon all’interno di territori estetici già consolidati in produzioni precedenti come Bronson e Drive, territori in cui la raffinatezza formale non si perde nella sua autoreferenzialità ma viene ricondotta a un’apparente coerenza strutturale. Presentato al festival di Cannes e accolto da una critica spaccata in due, l’ultima fatica di Refn è stata dipinta talvolta come strabiliante, talvolta come pretenziosa: la verità probabilmente si colloca a metà tra questi due poli, in quanto The Neon Demon non vuole presentarsi né come un’opera magniloquente né come un grande esempio di umiltà stilistica e di gusto.
Il film racconta di Jesse (Elle Fanning), una giovane ragazza appena trasferitasi a Los Angeles, e della sua carriera nascente come modella all’interno di un sistema viziato da una forte e opprimente competitività, come esemplificato dal suo rapporto con le colleghe Sarah (Abbey Lee) e Gigi (Bella Heathcote). È proprio il sistema moda a fungere da elemento di equilibrio per Refn durante tutta la durata della pellicola, in quanto permette, con i suoi cliché e le sue contraddizioni, di costruire sequenze visive di grande impatto e allo stesso tempo di accompagnarle con un commento critico implicito, inserito come sottotesto latente. A tal proposito, in The Neon Demon possono così essere individuati degli echi lontani di Mulholland Drive: proprio come nel film di Lynch, lo showbiz losangelino si configura come il nodo centrale dal quale prende avvio il motore della trama, delineandosi come un sistema chiuso, tratteggiato da tonalità misteriose e oniriche, che tende a prosciugare chi ne fa parte.
Oltre alla già menzionata Elle Fanning, autrice di una prova attoriale incolore, figurano nel cast anche Keanu Reeves, interprete di un personaggio dal significato simbolico ambiguo che probabilmente avrebbe meritato un approfondimento ulteriore, e Jena Malone, a sua volta interprete di un ruolo dai contorni opachi ma che in ultima analisi risulta essere coerente con se stesso e piuttosto convincente.
Dal punto di vista tecnico, il film brilla per il sapiente utilizzo della fotografia, ormai marchio di fabbrica dell’estetica refniana, e per la soundtrack ipnotica e coinvolgente di Cliff Martinez, ormai alla sua terza collaborazione con il regista danese. È doveroso segnalare invece come le maggiori carenze della pellicola siano riscontrabili a livello sceneggiativo, in particolar modo nella caratterizzazione di alcuni personaggi, spesso intrappolati all’interno dei tipi narrativi che rappresentano, e in una condensazione estrema di differenti tematiche nei segmenti finali che non permette una loro sufficiente esplorazione.
Se si considera Drive come il punto più alto della produzione del regista danese e Solo Dio perdona come il punto più basso, The Neon Demon sembra invece collocarsi esattamente a metà: un film equilibrato, che tuttavia non osa dove dovrebbe osare e che forse, in alcune sue parti, smuove troppo il suo edificio narrativo rischiando di farlo crollare. Daniele Sacchi
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