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Plastic Light Factory - Hype [EP]

  • Roberto Checchi
  • Nov 9, 2016
  • 1 min read

Testi in inglese, influenze sixties e ortodossa indipendenza dalla odierna cultura musicale, ormai legata mani e piedi agli orrendi talent show; la domanda da porre ai tre giovani mantovani è: cosa ci fate in Italia, ragazzi?

L’arrangiamento dei pezzi, con l’utilizzo di una spruzzata di elettronica, è figlio dei nostri giorni, ma la freschezza delle melodie - incalzanti e vagamente distorte - e della base ritmica, riporta indietro di anni, all’ascolto di Syd Barrett, degli Idle Race, degli Small Faces, passando per la sfrontatezza degli Arctic Monkeys, dei Franz Ferdinand, dei Libertines e dei Temples che hanno, in tempi più recenti, picchiato sodo sulla cultura rock “mainstream”.

Il merito dei tre (chitarra, basso e batteria) è di avere ascoltato tanto, di avere assimilato e di aver elaborato in maniera personale, con parecchi concerti suonati in giro per la provincia alle spalle. Tant’è vero che il risultato - i cinque brani dell’EP - pur avvertendo qui e là le influenze sopracitate, non è ben classificabile; non possono essere consigliati ai fan dei Monkeys o degli Small Faces o dei Creation, ma solo ed unicamente a chi ascolta musica dall'attitudine "indie" permeata da un animo psichedelico. Questo significa che il suono è il “loro”, non è pulito, non è perfetto, è solo molto personale; e questo, nel grigiore degli ultimi anni del rock, non è assolutamente poco.

E da qui si ritorna alla iniziale, vagamente retorica, domanda: cosa ci fate in Italia, ragazzi?

 
 
 

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