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Le Enfants Terribles: Tom Hardy a bordo

  • Roberto Checchi
  • Nov 12, 2016
  • 4 min read

Nel 2012 Tom Hardy girò un film particolare. Il regista era George Miller, ed è così che immagino sia andato il primo dialogo tra i due:

«Ehi Tom Hardy, brillante attore britannico, come va la vitaccia? Senti, vorrei fare con te un film innovativo» esordisce Miller.

«Ah, sì?» risponde Tom Hardy con educato interesse.

«Guarda, sarebbero due ore di inseguimento nel deserto, niente trama, il minimo sindacale di dialoghi, solo botte e auto cazzute. Che ne dici?»

Tom Hardy ci pensa su per qualche secondo. «Geniale!» esclama alla fine, mentre Miller sorride compiaciuto.

«Come si chi chiama il mio personaggio?» domanda poi.

«Max.»

Un anno, e diversi chilometri nel deserto namibiano più tardi, Tom Hardy ricevette un’altra proposta, stavolta dal regista Steven Knight:

«Tom Hardy, bella lì! Vengo subito al dunque: vorrei fare con te un film innovativo.»

«Ma va?»

«Ci sei tu che guidi un’auto per tutto il film, mentre…»

«Aspetta» obietta Tom Hardy «Io una cosa così l’ho già fatta.»

Knight è spiazzato: «No, ti confondi, Mad Max è ambientato in un futuro distopico, questo sarebbe ai giorni nostri…»

«Capisco, è un prequel.»

«N-no» balbetta Knight.

«Ma qualcuno lo investirò, giusto?»

«No, non fai altro che guidare stando al telefono.»

«Appunto, metti che mi distraggo, ho una mano occupata, guarda che è un attimo.»

«Hai il vivavoce…» fa Knight sconsolato.

«Mm» Tom Hardy è meditabondo «Tiro a indovinare: non posso avere un arpione da baleniere montato sull’auto, vero?»

L’espressione di Knight è piuttosto esplicativa.

«Ok, ok» Tom Hardy ci pensa su. «Mi pare una stronzata» sentenzia candidamente alla fine. Quindi, probabilmente mosso da pietà verso il regista, chiede: «Come si chiama il mio personaggio?»

«Locke.»

Questi dialoghi che senz’altro sono realmente avvenuti servono a introdurre i due film di cui parleremo oggi, Locke e Mad Max: Fury Road. Entrambi prendono il titolo dal nome del personaggio interpretato da Tom Hardy, e in entrambi egli recita dall’inizio alla fine a bordo di un veicolo su ruote (chiamare auto la blindocisterna di Mad Max sarebbe un offensivo eufemismo). Per quanto poco invitante ciò possa sembrare, entrambi sono grandi film.

Nel coraggioso film di Knight vediamo Ivan Locke, uomo caratterizzato da una calma olimpica, una sincerità agghiacciante e una mole quasi fantascientifica di sfiga, intraprendere un viaggio solitario sulle spettrali autostrade inglesi. Tale viaggio nasce da una scelta: mentre torna a casa dal lavoro nel cantiere che dirige, Locke sta per svoltare a sinistra, come probabilmente fa tutti i giorni, ma cambia idea e svolta a destra. La metafora sarebbe più chiara soltanto se così facendo si mettesse contromano per andare a spappolarsi come uno scarafaggio sul cofano incrostato di un mostro metallico di dodici tonnellate (vedi la blindocisterna di Mad Max). Infatti, sceglie di fare quello che ritiene giusto, ma a caro prezzo.

Il signor Knight non scherzava quando lasciava intendere che per tutto il film non vedremo altro che il faccione talentuoso di Tom Hardy, la sua auto e le altre che gli sfilano intorno nella notte (durante le riprese, in effetti, essenzialmente l’attore guidava a caso con un certo numero di telecamere che lo filmavano in tempo reale). Eppure, queste inquadrature ripetitive ma suggestive, quasi ipnotiche non ci annoieranno mai, ma anzi ci aiuteranno a concentrarci sulle conversazioni che il protagonista intrattiene con personaggi senza volto. Basteranno queste a farci assorbire nella sua storia, a farci comprendere i motivi e la portata terrificante della sua scelta, a farci sperare che alla prossima telefonata lui, per il suo bene, non risponda affatto. Se la tua vita stesse crollando, e non potessi fare altro che sentirne il rombo lontano, avresti il coraggio di ascoltare?

Mad Max: Fury Road, d’altro canto, si potrebbe definire come CHITARRE FIAMMANTI BESTIE CROMATE IMMORTAN APRIMI LE PORTE DEL VALHALLA uno dei film d’azione più estremi e, come si diceva, innovativi degli ultimi anni. Mi spiego: quando i film d’azione si incontrano, fanno a chi è più muscoloso, sparlano dei drammi d’autore, Mad Max non solo umilia tutti con le proprie incredibili sequenze (ciascuno dei folli veicoli che si vedono è stato costruito davvero,ogni stunt realmente eseguito, con pochissimi ritocchi al computer. Porca miseria) ma svergogna le trame insipide e scontate che molti film usano per giustificare i cazzotti. Mad Max non ha una trama e non si giustifica: è una corsa insensata e brutale, una lotta disperata per la vita, nuda e senza fronzoli. Non che Miller non abbia nulla da dire: dietro quasi ogni frame si celano storie che possiamo intuire, immaginare, ma che semplicemente non ci vengono dette, compensando appieno la scelta di ridurre all’osso i dialoghi.

Sebbene girato prima, il film è uscito nelle sale due anni dopo Locke principalmente perché George Miller, mi spiace ma devo dirlo, è un pessimo marito. Infatti, ha pensato bene di appioppare alla povera moglie, Margaret Sixel, un totale di 470 ore di riprese da montare, cosa che lei ha fatto pazientemente e amorevolmente nei successivi due anni. Da questo struggente dramma familiare è scaturito un montaggio tra i più frenetici che il cinema abbia mai visto, che ha anche fruttato un Oscar alla Sixel. Il risultato finale è un film la cui spirale di adrenalina e furia è capace di coinvolgerti tanto da trasformarti in breve tempo in un selvaggio rabbioso assetato di sangue. Nel senso buono.

Su entrambi i film si potrebbero riempire pagine, ma non ho lo spazio e men che meno le competenze tecniche per farlo. L’interpretazione di Tom Hardy è magistrale in Locke, da non sottovalutare in Mad Max, per quanto poche siano le sue battute. Nel primo il protagonista è inseguito dalle conseguenze delle sue azioni, nel secondo, ehm, da una torma di esaltati su auto assurde (e non ho nemmeno accennato al fatto che il vero protagonista del film non è Max, ma Furiosa, il personaggio di Charlize Theron: non c’è vergogna nel dire che con il suo braccio meccanico ha rubato il mio cuore). Per quanto diversi, questi due film sono accomunati dall’utilizzare un modo estremamente originale per aprire una finestra su un mondo. In Locke il mondo è quello del protagonista, la sua vita sconvolta, e lo vediamo unicamente tramite le sue parole, non tanto diversamente da come potrebbe fare un libro; in Mad Max veniamo a trovarci in un mondo distorto e malato quanto metaforico, ma qui le parole sono poche, e potrebbero mancare del tutto, perché bastano le immagini a trasportarci al suo interno. Ciò che cambia, in definitiva, è il linguaggio, di parole o di immagini; non cambia invece che, una volta finito il viaggio, vorremmo rimanere per esplorare un altro po’. Simone Carbonera

 
 
 

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