The Last Project: in 10 artisti vi raccontiamo chi siamo
- Roberto Checchi
- Nov 21, 2016
- 6 min read

Torna per l'ennesima volta la nostra rubrica preferita e a questo giro i nostri ospiti sono i pavesi The Last Project, band nostra conterranea formatasi nel 2009. I ragazzi hanno da poco pubblicato il loro secondo disco, Pyrotechnic, e adesso andranno a raccontarci quali sono gli artisti che più li hanno influenzati nella loro formazione musicale.

Kings of Leon - Quando nacque la nostra band, nel lontano 2009, l'indie era una forma di religione musicale per noi ragazzini e i Kings of Leon uscivano con Only by the Night, un discone che andava oltre le sonorità alternative inglesi e americane a cui eravamo abituati. La loro musica prendeva a piene mani da cose sentite e risentite ma dava loro una veste originale e incredibilmente figa. Eravamo ancora troppo stupidi per farci ispirare da loro a quel tempo, però in sei anni le cose sono cambiate e adesso pensiamo andrebbero insegnati nelle scuole.
Un brano - California Waiting: Pezzo dei loro esordi ma che già conteneva tutta l'energia controllata della sezione ritmica che hanno messo poi in tutti i lavori successivi.
Un disco - Only by the Night: Come disco ha tutto, dall'atmosfera ai songoloni bistrattati. Ma il mondo dei KOL è espresso al meglio qui dentro, c'è un racconto tutto personale e locale di musica di country rock però trasposto su scala mondiale e quindi anche inevitabilmente radiofonica. Ma ragazzi, qui l'equilibrio è perfetto.

Editors - Di certo dobbiamo molto a loro per quanto riguarda il mood, con questa band abbiamo in comune non poche influenze per quanto riguarda chitarre, tastiere e cantato. Non abbiamo mai apprezzato più di tanto il lato cupo della band, concentrato sopratutto nelle lyrics, ma l'aspetto musicale ha fatto sì che per diverso tempo fossero tra i nostri ascolti preferiti.
Un brano - Bones: Per il tiro e per i momenti diametralmente opposti che riesce a creare. Quel suono di chitarra te lo porti addosso, metà sirena d'allarme, metà richiamo alla carica.
Un disco - An End Has a Start: Prima del cambio di formazione, questo era l'album che tutti citavano quando si parlava di musica inglese.

The Strokes - Ricordo che al principio eravamo una band di quattro amici che non sapeva quale direzione prendere, un periodo molto confuso dove non si chiudeva la porta a nulla ma allo stesso tempo si concludeva ben poco. In quel caos, gli Strokes ci resero tutto ancora più incasinato! Quelle chitarre, quel ritmo incalzante e quella voce robotica non ci davano pace, ascoltavamo Is This It e Room on Fire così tante volte da arrivare a proporre sempre giri di batteria e riff di chitarra identici ai loro, troppo troppo scopiazzati. Poi ce ne siamo disintossicati esorcizzandoli sul palco e ci siamo tenuti solo qualcosina proprio vicino al cuore.
Un brano - Hard to Explain: Provate a suonarla come cover con la vostra band. Bene però. Vorreste saltare e dimenarvi sul palco, perché è quello che state provocando nel pubblico, ma state già mettendo tutta l'energia negli strumenti. Viene subito il fiatone.
Un disco - Room on Fire: La copertina migliore è dell'album precedente, ma i pezzi che ci hanno rapito stanno praticamente tutti qua dentro. Gli Strokes non hanno praticamente inventato nulla, ma proprio per questo la gente è rimasta per anni con le mani nei capelli a domandarsi come diavolo abbiano fatto.

Interpol - Tra vari problemi han proseguito sempre e comunque per la loro strada. Che è un po' la storia di tutti. Che è stata un po' anche la nostra, in piccolo. L'ultimo album El Pintor è una bomba, proprio quando sembrava si stessero perdendo. Hanno un'idea chiara del loro tipo di musica, un'identità molto forte che spesso gruppi ancora più grossi e rinomati faticano a mantenere. È un livello di sicurezza invidiabile fin dai loro esordi. Crediamo sia quel tipo di certezza nei propri mezzi che porta a farsi un nome e a distinguersi dalla massa.
Un brano - My Desire: È semplicemente qualcosa di un altro mondo. Ipnotico, trattenuto, sospeso, quasi epico nel finale.
Un disco - Turn on the Bright Lights: Si torna agli inizi. Disco obbligatorio per tutto, dalla compattezza alle lyrics, dal tiro della batteria a quei benedetti incroci di chitarre. Abbiamo visto persone dalla cultura musicale e dai gusti diametralmente opposti abbracciarsi su questo disco.

U2 - Veramente c'è ancora qualcuno che odia gli U2? Non era una moda di passaggio? Ogni volta che pubblichiamo qualcosa su facebook o ne parliamo con amici la risposta è sempre la solita: "Bono mi sta sul cazzo". Non ce ne frega nulla di Bono, né della sua vita sociale e n* tanto meno di quante mogli ha (vogliamo solo le sue figlie). Ma negare agli U2 il fatto di aver scritto ben più di una pagina della musica moderna... Stiamo esagerando. Andatemi a prendere il vostro gruppo preferito e vedrete che da qualche parte c'è un po' di U2. Rosicate. Un brano - New Year's Day: Qui non c'è un motivo particolare, è che c'era l'imbarazzo della scelta e l'articolo andava chiuso.
Un disco - The Joshua Tree: Vabbe parliamone. Qui il sound diventa distintivo, si definisce la grammatica del gruppo in maniera quasi definitiva. E continuano a saltare fuori dei pezzoni allucinanti.

The National - Molto molto diversi da noi, senza dubbio c'è ben poco di loro nel nostro sound, ma non nel modo di concepire i pezzi dal punto di vista del testo e del cantato. Amiamo quel loro stile da rockstar molto laid-back, solo accennato. Non giocano a fare i giovani e dio solo sa da quanto tempo ci siamo rotti di sembrarlo. I National sono un ascolto fisso e un altro gruppo dal suono intoccabile e riconoscibile che a piccoli passi è arrivato al meritato riconoscimento. Un brano - All the Wine: È la cravatta allentata, l'orario dell'aperitivo dove molli le preoccupazioni e diventi il fottuto padrone di tutto il resto della tua vita. Un disco - Boxer: Per forza. Certo, i dischi più recenti sono quelli con i quali personalmente li abbiamo conosciuti, ma una volta che si ascolta Boxer si vorrebbe poter ritornare a quei tempi in cui i loro brani erano già ottimi eppure il loro nome non era sulla bocca di tutti. Insomma siamo gelosi ecco.

The Killers - È un paragone non nato da noi ed è strano perché per alcuni è sempre il primo che salta alla mente. Forse con questo nuovo disco ce ne siamo staccati un po', però sono stati parti fondamentali della nostra formazione. Sono forse l'unico gruppo nella nostra lista che non si è fatta problemi a usare tastieroni e basi fin dal principio.
Un brano - Mr. Brightside: Un arpeggio dalla complessità imbarazzante e che fila via senza peso, un pezzo che negli anni duemila ha fatto la storia ed è stato paragonato a classici intramontabili. Un disco - Hot Fuss: Un disco che sperimenta più di quanto sembri in apparenza. Poi per noi è un bagaglio incredibile di nostalgie varie.

Mumford and Sons - È strano con loro, sono come la ragazza che al liceo non ti filavi mai, ma poi te la ritrovi davanti dieci anni dopo e le cadi ai piedi. Dal nulla Marcus e soci son tornati a imbracciare strumenti elettrici e hanno sfornato un album che suonava come il disco dei nostri sogni. Prima li ascoltavamo di rado, adesso quella produzione è finita dritta tra i nostri preferiti. Sotto sotto speriamo che non tornino più al vecchio stile. Un brano - Ditmas: Si riconosce il loro modo di affrontare la composizione di un brano, ma in versione nuova, lucidata, forse più da palcoscenico. Finalmente. Il brano è appunto un sunto della trasformazione simboleggiati dalla drum machine dell'inizio e il finale folkeggiante. Un disco - Wilder Mind: Galeotto fu questo disco.

Stadio - Per il nostro Capa è uno dei gruppi preferiti, noi li prendiamo qui come definizione di quei migliori anni '80 della musica italiana che ci mancano molto senza averli vissuti: il dramma della nostra generazione è appunto sentirsi dire che tutto si è fermato là. C'era molta America in quegli anni nella musica, proprio come oggi, ma quel respiro, quel sogno si sono un po' spenti. Un brano - Allo Stadio - Il brano più pop di La faccia delle donne, pieno di energia che ti fa cantare a squarcia gola. Un disco - La faccia delle donne - È il disco delle varie collaborazioni con Vasco, il disco che li ha consacrati in quanto "gli stadi" (come appunto li chiama Vasco).

John Mayer - Tecnica e Anima. Queste sono le prime parole che ci vengono in mente pensando John Mayer . Un fenomeno che riproduce con la sua la Stratocaster tutto lo spettro delle emozioni umane. E oltre. Molto classico sotto certi aspetti, ti ricorda che la musica non ha barriere e generi, ma è un continuum (voluto) di sfumature. Un brano - Slow dancing in a burning room: Non c'e bisogno di alcuna spiegazione. Se non dovesse bastare il titolo... Sa di classico, ok, non ha nulla di che spartire con l'indie, ok, però zitti un attimo e sentite che roba. Un disco - Continuum: Il terzo album, quello della compiutezza. John Mayer doma tutto, dal blues al soul, dal rock al pop, pure il funky. Li fa sedere, ci sale sopra e vola via sopra tutti noi.
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