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Speciale Torino Film Festival: Pyromanen (Pyromaniac)

  • Roberto Checchi
  • Nov 24, 2016
  • 2 min read

Pyromanen (Pyromaniac in Inglese) è una pellicola Norvegese diretta da Erik Skjoldbjærg, autore noto soprattutto per il film Insomnia, da cui nel 2002 Christopher Nolan trasse l’omonimo remake. L’autore descrive la storia di Dag (Trond Nilssen) diciannovenne figlio del capo dei pompieri di Finsland e abile pompiere a sua volta, che nasconde un terribile segreto. Egli è infatti un piromane, che in un’escalation di incendi arriverà a terrorizzare la cittadina Norvegese di ottocento abitanti, lasciando dietro sé una scia di indizi che porteranno lo sceriffo locale e soprattutto la sua stessa madre a sospettare di lui.

Il film vuole essere un’indagine sulla pulsione al male degli uomini: se inizialmente può sembrare che il giovane appicchi gli incendi per ricreare la sensazione di benessere che provava quando da piccolo accompagnava il padre nelle sue operazioni, più la trama avanza più ci rendiamo conto di essere davanti ad un personaggio molto complesso e sfaccettato. Di bell’aspetto, prestante e molto intelligente, Dag è un sociopatico che, nonostante le sue qualità, non riesce ad instaurare una relazione con nessuna delle persone che gli stanno intorno, prova ad inserirsi nel mondo dei suoi coetanei ma con difficoltà, venendone escluso ed emarginato per la sua stranezza. Trond Nilssen è abile nel mostrare la sociopatia del suo personaggio: Il suo sguardo sembra sempre estraneo al contesto, dissociato, come se non riuscisse a mettere a fuoco ciò che succede intorno a lui, soltanto gli incendi e il lavoro di pompiere riescono a catalizzare quest’attenzione. Il film non riesce, nonostante la sua dichiarazione di intenti, a spiegare cosa spinga un promettente ragazzo a percorrere questa via. Se è chiaro che non si tratta soltanto di una ricerca di attenzione, non riusciamo mai a capire quale trauma o quale motivazione spinga il diciannovenne. Purtroppo questa assenza di motivazioni e la quasi totale assenza di spazio riservato ai personaggi secondari ci porta a non affezionarci con interesse a nessuno di essi. I sospetti del padre nei confronti del figlio non vengono approfonditi fino al finale, delle indagini dello sceriffo si sa pochissimo, il rapporto tra Dag e la bella moglie del vicecapo dei pompieri, Elsa, è appena accennato e mai approfondito. Probabilmente il personaggio più umano ed empatico è quello della madre, Alma (Liv Bernhoft Osa), i suoi sospetti e il suo tracollo risultano una delle parti più drammaticamente coinvolgenti della pellicola, anche grazie ad un’ottima prova della sua interprete. Fuori dal prologo iniziale il film non riesce ad instaurare una vera e forte tensione drammatica, manca totalmente la suspance, non siamo mai preoccupati che gli incendi possano ferire qualcuno e allo stesso tempo non siamo mai preoccupati che qualcuno possa scoprire la verità sul protagonista. Il ritmo è fiacco e spesso interrotto da scene inutili all’economia dell’opera, risultando un esperimento poco accattivante, che non riesce a catturare la nostra attenzione salvo qualche sporadico momento. Gianluca Tana

 
 
 

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