Speciale Torino Film Festival: I figli della notte
- Roberto Checchi
- Nov 30, 2016
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Unico film italiano in concorso nel Torino film festival, esordio di un regista che è anche un figlio (e nipote) d’arte, I figli della notte, di Andrea De Sica è un duro racconto di formazione, senza illusioni e senza pietà per i suoi personaggi. Giulio (Vincenzo Crea) è un rampollo orfano di padre che, dopo l’ennesima bravata per attirare l’attenzione di una madre assente, viene spedito in un collegio sulle Alpi, una prigione dorata, in cui i figli delle famiglie più ricche vengono iniziati al duro mondo che li aspetta, attraverso lezioni, nonnismo e trasgressioni controllate. Qui stringerà amicizia con Edoardo (Ludovico Succio), ragazzo problematico e sognatore, innamorato di un’idea di libertà che finirà per travolgerlo. La notte è l’unico momento in cui i ragazzi possono considerarsi veramente liberi (una libertà solo immaginata, dato che viene concessa loro dai controllori) fuggendo lontano dal collegio, in una baita a metà tra il mondo reale e quello onirico, al cui interno si consumano i piaceri della carne; qui Giulio si innamorerà della prostituta Elena (Yuliia Sobol), ragazza che pare più interessata ai beni materiali che all’amore. Una favola nera in cui i richiami a Shining sono evidenti: l’isolamento sulle montagne, un collegio popolato da fantasmi e un lungo corridoio volutamente riprodotto simile a quello del film di Kubrik. Un’atmosfera da incubo resa possibile dalla colonna sonora, che inizialmente avrebbe dovuto essere curata da Manuel De Sica, ma la cui prematura scomparsa ha fatto sì che fosse il figlio a cimentarsene, avvalendosi anche di brani dei Mattia Bazar e di Pavarotti. Andrea De Sica distorce le situazioni del film adolescenziale, abbandonando il perbenismo e il fine morale che solitamente spinge queste produzioni. I suoi personaggi sono spinti dal mondo in cui vivono ad abbandonare i loro sogni, un mondo in cui ognuno deve pensare a se stesso, chi non riesce ad adeguarsi è destinato a soccombere. Costretti a scelte sempre più difficili, fino ad un tragico epilogo, in cui non c’è speranza ne redenzione, il protagonista sembra omologarsi al ruolo che la scuola vuole imporgli. Il film non convince pienamente, alcune situazioni sembrano un po’ troppo forzate, per non dire scontate, per esempio il destino di Edoardo è palese fin dalla sua comparsa, la sua storia segue dei binari banali e già visti. In alcuni punti i dialoghi sono scontati e claudicanti, frasi fatte poco credibili, che suonano poco tali anche a causa di una recitazione non sempre impeccabile. Complessivamente lo si può considerare un lavoro funzionante con difetti tipici di un film d’esordio, difetti che non compromettono l’esperienza complessiva dell’opera, che riesce ad intrattenere e disturbare lo spettatore, tenendolo attaccato alla poltrona. Gianluca Tana
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