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Les Enfants Terribles: The Dreamers - I Sognatori

  • Roberto Checchi
  • Dec 4, 2016
  • 6 min read

Un film sul sentimento artistico e la responsabilità storica. Interventismo/opportunismo. Un film sull’amore per il cinema e la sua importanza nel XX secolo (già denominato da Lucilla Albano “Il secolo della regia”). Un film sull’alienazione e la saturazione dell’immaginario. La storia del mondo e la storia del cinema. CONCEPT:

Tre studenti, uno americano e due francesi – nell’ordine Matthew, Isabelle e Theo – a Parigi, nella primavera del 1968.

SINOSSI: Matthew è giunto nella capitale francese da poco e conosce i due gemelli alla Cinémathèque française che frequentano assiduamente. Sarà invitato da loro a stare per un po’ nella stessa casa, una volta che i genitori fossero partiti. Il tempo lì dentro si fermerà, e mentre per le strade si sviluppano quella serie di movimenti di rivolta che passeranno alla storia con il nome di “maggio francese” I Sognatori, così amano definirsi, vivono un ménage à trois completamente avulsi da ogni cosa che non li riguardi. Á quatre”, se contiamo anche il cinema. Propongo un’analisi tematica.

- PARIGI: Parigi ha la capacità di risplendere di fascino in ben più di un'epoca storica: la Rivoluzione Francese, i Roaring Twenties, e il '68, per dirne alcune.

- IL CINEMA: il film è del 2003, ma, da nostalgico atto d’amore per il cinema qual è, il tempo del suo intreccio si pone in uno dei periodi più importanti del cinema moderno: il finire degli anni sessanta. Erano gli anni in cui il cinema assisteva alla sua Reinessance a Hollywood, e in Francia i registi della Nouvelle Vague sperimentavano con la grammatica filmica applicandosi sistematicamente per superare quell' "illusione di realtà" perseguita dal cinema classico e per votarsi, invece, ad un altro interessante concetto: "il disvelamento” di essa. Non più un accompagnamento della percezione spettatoriale perchè questa sia quanto più possibile agevolata, immersiva, ed interamente dedicata allo svolgersi della vicenda, ma piuttosto la predilizione per un’analisi della psicologia variegata dei personaggi – per il cinemema classico, invece, si parlava spesso di “understatement”, vale a dire di basso profilo e di sobrietà, per descrivere lo stile recitativo finanche delle star. I principi di causa-effetto che regolavano l’intreccio classico (e quindi tra il 1927 al 1963 circa) erano perfettamente comprensibili perchè ogni sforzo linguistico ed estetico era asservito allo sviluppo della linea narrativa principale. La Nouvelle Vague, d’altro canto, cominciò a scardinare le convenzioni di montaggio fra le inquadrature e le principali regole di ripresa facendo sì che lo sguardo spettatoriale percepisse l’artificiosità della messa in scena (l’esatto contrario dell’illusione di realtà). Non solo, i contenuti si fanno all’apparenza più disarticolati, ma si assistono ad interi dialoghi slegati dalla linea narrativa principale, azioni gratuite che finiscono in nulla di fatto, ripetizioni: gesti e parole immemorabili. Questo soprattutto per quanto riguarda il regista Jean-Luc Godard (e a tal proposito invito alla visione del suo primo e più famoso lungometraggio, e manifesto della Nouvelle Vague tutta Fino all’ultimo respiro, del 1960). Perchè questa decisione e perché “disvelamento di realtà”? Semplicemente poiché la vita di tutti è fatta così, esattamente come i nuovi film ci ricordano: decisioni che non ci portano a nulla di nuovo, continue ripetizioni, passeggiate che ci portano, dopo aver vagato senza alcuna direzione preventiva, al punto di partenza... The Dreamers – I sognatori non è un film della Nouvelle Vague, ma Bernardo Bertolucci si può inserire agevolmente in quell’antico ordine di idee più volte teorizzato anche da uno dei critici più importanti di tutta la storia del cinema e grande amico di Godard e dello stimato collega François Truffaut, André Bazin. Caratteristica di questi autori è anche una sfrenata cinefilia e conoscenza degli altrettanto grandi autori che li hanno preceduti. Bertolucci, si è detto, con questo film realizza un atto d’amore per la Nouvelle Vague, tanto che è più volte omaggiato il già citato Fino all’ultimo respiro, così come Bande à part – sempre di Godard e distribuito quattro anni più tardi. Ma anche un altro grande film, questa volta di Truffaut, vale a dire I 400 colpi di cui si sente risuonare in un punto la colonna sonora. Ma non è tutto. All’interno delle vicende Bertolucci inserisce riferimenti più che espliciti ad una quantità elevatissima di pellicole; fra le più famose da me riconosciute e apprezzate ho individuato: Persona di Ingmar Bergman (1966), uno dei film più importanti degli anni cinquanta uscito proprio all’inizio della decade per merito di Billy Wilder, Viale del tramonto, Luci della città del 1931, di Charlie Chaplin, ed infine la scena madre del capolavoro del genere grottesco, Freaks, diretto da Tod Browning e distribuito nel 1932. Citazioni esplicite poiché i tre protagonisti di The dreamers – I sognatori quando non sono al cinema vivono di immaginario filmico, continuamente, e si sfidano con mimi e citazioni per far sì che a loro volta gli altri indovinino il film al quale stanno facendo riferimento. I tre fanno quello che Bertolucci fa con noi spettatori. Fiction e vita si mescolano per 110 minuti. Il cinema si fa realtà. E a proposito:

- LA STORIA MONDIALE: come già spiegato il mondo era nei nuovi film e i cinema nel mondo e la Storia del mondo pareva un film, quell'anno. Essere uno studente, a Parigi, nel maggio del '68, significava essere all'estrema propaggine del Tempo. O poteva significarlo.

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- LA SESSUALITÁ: Si può isolarsi completamente dalla storia del mondo pur essendone un tassello? La verità è che lo fanno in molti, e la stragrande maggioranza, ad esempio, quando si innamora, e chiude per un certo periodo gli occhi e le orecchie sul resto della realtà che non sia quello che per lui/lei è l’unico Altra/o che conti. La scoperta della sessualità ha un ruolo cardine nel film: i personaggi stringono relazioni che totalizzano i loro orizzonti chiudendoglieli.

- IL FINALE: "... ma ci fu una sera, nella primavera del '68, in cui il mondo, finalmente sfondò lo schermo". Ho trovato perfetto il finale nella sua rappresentazione per immagini della frase che ho qui sopra riportato. Impressionante è l'improvviso e totale sconvolgimento che subisce il ritmo della narrazione. I personaggi si immergono allora letteralmente nel fiume della Storia e perdono la loro specificità omologandosi alla folla, parlando ed agendo come lei. "Insieme non significa più in due o in tre, ma in un milione", eppure qualcosa stride. Matthew, un pacifista, non ci sta e volta le spalle alla folla in rivolta e ai Sognatori (che ormai si sono svegliati ed affacciati alla finestra della Storia) allontanandosi controcorrente diretto, si presume, ad una vita di arte, fatta magari di sola scrittura (come il padre dei due gemelli: un famoso poeta “che non avrebbe mai firmato nemmeno una petizione”), ma mantenendo, così, la sua individualità. - CURIOSITÁ: Ho osservato che i titoli di coda scorrano controcorrente (dall'alto verso il basso) seguendo, mi piace pensare, la direzione che intraprende il protagonista.

 
 
 

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