The Last Project - Pyrotechnic
- Roberto Checchi
- Dec 11, 2016
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La prima cosa da dire su Pyrotechnic dei The Last Project sarebbe "era ora". Erano quasi 10 anni che da Pavia non usciva una band in grado di fare un disco indie rock in inglese con delle canzoni che si potessero definire tali. I quattro giovani raccolgono l'eredità dei più validi gruppi nati nell'ex capitale del regno longobardo, come Emily Plays e News For Lulu, aggiungendo qualche synth accurato a un brillante lavoro sulle chitarre (immagino che per tutto ciò sia il caso di ringraziare anche il buon Simone Sproccati del Crono Sound Factory).
Parte Promise ed è già il manifesto dell'album: poche note di sintetizzatore, la voce grave, poi la cassa, il rullante e la chitarra, il cambio di registro vocale, fino ad arrivare ai cori e al crescendo viscerale che caratterizza questa riuscitissima opening track. Il mondo dei The Last Project è tutto qui, a cavallo tra Echo And The Bunnymen e The Killers. La successiva Out Of Patience è forse il pezzo più riuscito del lotto, tant'è che mi chiedo come non abbiano potuto sceglierlo come singolo, io ci vedo gli indie boys che se la ballano presi bene/male sul dancefloor. Un LP che, come si diceva all'inizio, non è per nulla in deficit di canzoni: brani come We Are Clones e W.W. sono la dimostrazione del songwriting e delle abilità del quartetto pavese.
L'unica macchia, se proprio si vuole fare i pignoli, è la pronuncia del cantante, non sempre adeguata all'idioma britannico, ma è un punto che si può agilmente migliorare e sono certo che per il prossimo lavoro sarà già una questione archiviata; molto più importante sottolineare l'espressionismo, ricco di carica drammatica, insito nella vocalità di Francesco Quaranta: quella è una cosa che si impara meno facilmente.
La wave emozionale di Pyrotechnic vi avvolgerà, vi scalderà, a tratti vi farà male. Non vi lascerà indifferenti
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