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The Witch

  • Roberto Checchi
  • Dec 27, 2016
  • 2 min read

Vincitore del premio per la miglior regia al Sundance Film Festival del 2015, The Witch è un lungometraggio diretto e sceneggiato da Robert Eggers. Largamente pubblicizzato come un film horror, risulta tuttavia difficile riscontrare nel debutto direttoriale del regista statunitense gli stilemi del genere affermatisi negli ultimi anni, in quanto Eggers rifugge dall’utilizzo eccessivo e inadeguato di jumpscares e si allontana dalle classiche narrazioni di case infestate e epidemie zombie, dai mockumentaries e dal torture porn, per mostrare invece uno scorcio di vita di una famiglia di coloni puritani nel New England seicentesco.

Sebbene l’incipit sia dedicato a delineare il setting storico, quest’ultimo non diventa mai il protagonista reale della pellicola, bensì ha la funzione di mettere in moto la trama e condurre lo spettatore immediatamente al piano dell’azione: dopo essere stati allontanati dalla loro comunità puritana infatti, a causa di divergenze di matrice religiosa, William (Ralph Ineson) e Katherine (Kate Dickie) sono costretti a insediarsi insieme ai loro figli ai margini di una foresta. Tuttavia, quando il bambino più piccolo, affidato alla sorella Thomasin (Anya Taylor-Joy), scompare sotto i suoi occhi, viene immediatamente rivelato il pericolo che incombe sulla famiglia: la presenza di una strega all’interno della foresta.

L’elemento che maggiormente lascia il segno in The Witch è sicuramente la capacità di Eggers di costruire un sistema di rimandi simbolici e allusioni figurative efficace e comprensibile, un sistema che ha come punto di riferimento centrale e come colonna portante il grosso caprone nero Black Philip, presenza angosciosa ed enigmatica lungo tutta la durata del film che solamente nell’atto finale mostra i suoi veri colori, al termine di una sequenza di grande intensità in cui non è solamente il contenuto stesso della pellicola ad impressionare, ma anche il mix tra un buon montaggio, una regia eclettica ma misurata e una prova del cast eccezionale.

The Witch tuttavia non è solamente un esercizio di stile, ma anche un esempio perfetto di storytelling: ad esempio, il rapporto ambiguo che si viene a creare tra Thomasin e il fratello Caleb (Harvey Scrimshaw), con quest’ultimo che cerca di reprimere il proprio desiderio sessuale nei confronti della sorella, è un escamotage perfetto per donare un senso al suo incontro particolare con la strega, mentre il lento sprofondare nella pazzia di Katherine è anch’esso il risultato di un iter mentale ben scritto che si affianca coerentemente al procedere degli eventi principali della trama.

In conclusione, sebbene il film non rientri, come già accennato, nei parametri del genere nel quale viene incluso, è innegabile che l’atmosfera disturbante che evoca così come le tematiche sovrannaturali trattate esigono una sua collocazione perlomeno all’interno di un particolare filone horror autoriale sviluppatosi negli ultimi anni, nel quale possono essere inserite anche pellicole come The Babadook o lo svedese Lasciami entrare, che come The Witch hanno il pregio di utilizzare l’orrore non come fine ultimo, ma come nucleo narrativo fondante. Daniele Sacchi

 
 
 

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