Giorgio Poi - Fa Niente
- Roberto Checchi
- Feb 21, 2017
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Prendere tutto e andare via è ciò che Giorgio Poti ha fatto ad appena vent’anni, partendo alla volta di Londra dalla nebbiosa Novara per andare a diplomarsi in chitarra Jazz e girare il mondo con il suo primo progetto, i Vadoinmessico. Poi gli anni passano e la nostalgia cresce, così come cresce la voglia di misurarsi con la propria lingua madre e con quella scuola cantautorale che in Italia ti entra dentro fin dall’infanzia e fatica ad andare via. Nasce così Fa Niente, il primo lavoro in italiano sotto il nome di Giorgio Poi, che parte dai giri di accordi tipici della canzone italiana per ricamarci intorno un universo di suoni e intrecci armonici dal respiro internazionale, con basso e batteria che dialogano con la linea vocale senza mai fermarsi per formare brani cangianti e mai ripetitivi, nei quali le parole scorrono come un fiume a raccontare storie e immagini, in un continuo crescendo che non trova la sua chiusura in ritornelli, come ci si aspetterebbe, ma che non per questo perde la sua efficacia. Sta proprio in questo l’originalità del disco di Giorgio, in un momento in cui in molti virano verso le malinconiche sonorità anni ’80, la batteria in particolare trascina il disco circa 10 anni più indietro e lo fa con i migliori riferimenti possibili; gli echi battistiani di Paracadute, il basso che strizza l’occhio a quello che i Tame Impala ci hanno insegnato poter essere vintage, ma allo stesso tempo attuale. Pochi strumenti, ma dosati con sapienza; quasi sempre la perfetta triade basso, chitarra e batteria, qualche inserimento di sax e tante idee nell’arrangiamento, che oltre ai sopracitati Battisti e Kevin Parker riprende alcuni capisaldi dell’Indie-Rock più puro come avviene in Doppio Nodo, dove l’eco degli Strokes è più che mai evidente soprattutto nello strumming della chitarra.
Fa Niente è un disco che prova a raccontarci come anche in Italia si possa pensare ad un Pop diverso, che metta insieme cantautorato e psichedelia. Un po’ storto, ma comunque sincero ed orecchiabile. Leggero, ma profondamente intimista e malinconico. Roberto Checchi
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