Manchester by the Sea
- Roberto Checchi
- Mar 1, 2017
- 3 min read

Fresco vincitore di due premi Oscar, Manchester by the sea è uno dei film più discussi e apprezzati dell’ultimo periodo. Un successo di critica e di pubblico che ha rilanciato la carriera di due attori strepitosi, Casey Affleck e Michelle Williams, da tempo fuori dalle luci della ribalta, e confermato la profondità del regista e sceneggiatore Kenneth Lonergan.
Lee Chandler è un giovane tuttofare che conduce una vita solitaria a Boston e a prima vista parrebbe l’incarnazione stereotipata del depresso perfetto. Intrappolato in un lavoro monotono, è un abitudinario duro a morire con un grosso problema d’alcolismo e una spiccata propensione a risolvere le proprie faccende a suon di cazzotti. Più che vivere, il suo, è sopravvivere, le giornate procedono in un nonnulla monocorde quando riceve una telefonata dalla sua città natale: suo fratello Joe è morto. C’è da organizzare il funerale e bisogna che qualcuno si occupi del figlio adolescente del defunto, di cui Lee è stato nominato tutore, Patrick. Un ragazzo famelico d’esperienze di vita che possiede, nonostante la giovane età, una grande maturità emozionale ma che, allo stesso tempo, è in cerca di un appiglio che non lo faccia affogare nel dolore per la perdita del padre. Lee dunque è costretto a tornare nella sua città di origine, Manchester by the sea, un piccolo agglomerato sul mare che campa di un’esistenza quasi bucolica e in cui le facce sono sempre le stesse, tutti conoscono tutti. È costretto, insomma, a confrontarsi con i fantasmi del proprio passato, ad affrontare i demoni che aveva riposto forzosamente in un angolo buio della memoria.
Casey Affleck nei panni di Lee è fenomenale, si è calato nella parte fin nei suoi minimi termini. È riuscito a dare spessore a un personaggio complesso le cui sfaccettature, altrimenti, si sarebbero perse in un bagno di banalità. Manchester by the sea, infatti, non è un film dalle grandi emozioni, uno di quelli che colpisce a ogni cambio di scena. La trama scorre lenta, i fatti si susseguono prendendosi il tempo di cui hanno bisogno, lasciando allo spettatore il tempo di digerire ogni dettaglio. È un film la cui forza sta nel tentativo, superato a pieni voti, di far immedesimare il pubblico nel protagonista ed è per questo che l’interpretazione di Affleck è tanto importante. La performance di Michelle Williams nell’ex moglie di Lee è sottotono, non colpisce se non in passaggi veloci. A onor del vero l’attrice non è granché presente, la pellicola non la vede protagonista e sono poche le scene in cui ha la possibilità di sfoggiare la sua indubbia bravura. Questa, in aggiunta al paragone con interpretazioni brillanti quali quelle in Blue Valentine e Marilyn, potrebbe essere la ragione per cui pare quasi che attraversi il film in punta di piedi. Un'altra grande prestazione è quella offerta da Lucas Hedges nel ruolo di Patrick. Pupillo di Wes Anderson e figlio di Peter Hedges, sceneggiatore e regista di un certo calibro, pareva quasi raccontare scene di vita realmente vissuta. È dura reggere la scena con due pezzi da novanta come Affleck e la Williams ma il ragazzo ha dato prova d’avere stoffa, è riuscito a dipingere con tinte forti un personaggio emblematico di un’intera generazione.
È un film difficile, Manchester by the sea. È un film difficile da capire ed è un film difficile da digerire, quando lo si ha capito, perché il vero protagonista di questo dramma che graffia lo stomaco è il dolore. Il dolore con la “d” maiuscola, però. Quel dolore che non può essere né superato né dimenticato ma che devi tenerti sul groppone e che su quel groppone ci si siede insolente consumandoti, forzandoti a ingobbire e ad accartocciarti su te stesso come una foglia secca. È questo il dolore di Lee, il dolore che non lascia scampo, e la sua storia è la storia di come quel dolore, con cui ha imparato a convivere, l’ha addomesticato ma è anche la storia di come pure le cicatrici più profonde possono essere cauterizzate. Non andate al cinema nella speranza di assistere a un dramma familiare coi fiocchi, andateci con la convinzione di stare per vedere quanto forte debba essere la spinta che serve a risalire dal fondo. E andateci. Mattia Insolia
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