Intervista a Giulia Callino
- Roberto Checchi
- Mar 20, 2017
- 6 min read

Abbiamo fatto una bella chiacchierata con la fotografa Giulia Callino
Intanto una breve introduzione: Come promuovi e sponsorizzi le tue foto? Passaparola o hai un sito/blog?
Ciao Alessandro e grazie davvero per il tuo interesse nei miei confronti, sono tuttora sorpresa e onorata della tua richiesta. In effetti, parte dello stupore deriva anche dal fatto di non avere per ora un sito dove carico i miei scatti, che promuovo attraverso il mio profilo Facebook e che vengono diffusi attraverso i social o i siti delle realtà con cui ho avuto modo di collaborare oppure attraverso le gallery della webzine per cui scrivo (Rockit). Talvolta mi è stato suggerito di creare un sito vero e proprio, ma preferivo raccogliere un po' di materiale in più. Non escludo comunque di poterne creare uno in futuro.
Avevi mai pensato di trovarti dall'altra parte del tavolo ad una possibile intervista? Ne ho vista qualcuna fatta da te.
A dirti il vero no, penso che la mia reazione quando me l'hai chiesto te ne possa dare conferma.
Vero! Ora che sai come si sta da entrambe le parti quale sceglieresti?
Decisamente quella in cui ti trovi tu.
Tornando all'argomento vero e proprio: come hai scoperto la passione per la fotografia? Quando?
Quando ero in terza superiore, a casa abbiamo acquistato una Pentax di fascia bassa per sostituire la macchina fotografica che avevamo prima. Non era una macchina di gran qualità, ma pesava pochissimo e quindi era molto pratica da portare con sé. Ho iniziato a fotografare con quella, in particolare durante i miei viaggi, scoprendo un interesse crescente verso la fotografia come mezzo silenzioso e discreto per documentare quello che vedevo. Spostarmi e scoprire fanno profondamente parte di me, tendo a viaggiare spesso. Quando mi sono resa conto che questo interesse era una vera e propria passione, sono passata a una macchina di livello superiore (Canon 600D), cui da un paio d'anni è subentrata la 6D. Quando era più giovane anche mio papà nutriva comunque un forte interesse nei confronti della fotografia, penso che anche questo in modo indiretto abbia influito.
È più importante lo strumento (macchina) o l'occhio? Fotografi prima con lo sguardo ed in un secondo momento con la macchina o guardi il mondo attraverso l'obbiettivo?
È importante solo l'occhio. È lo sguardo, e quindi il cuore, che scandaglia il mondo e lo restituisce attraverso lo scatto. La macchina ha un ruolo naturalmente importantissimo, perché segna i limiti entro i quali il mezzo che hai tra le mani sarà capace di restituire ciò che vedono i tuoi occhi in base alle sue specifiche tecniche e alla tua conoscenza dello strumento. Ma non ha, né può avere, alcun rapporto con la fotografia della realtà che un fotografo continuamente scatta al mondo intorno a sé, anche quando non ha con sé una macchina. È lo stesso principio della musica e di qualsiasi forma d'arte: il mezzo tecnico è importantissimo per le possibilità che apre alla tua urgenza espressiva, ma non potrà mai darti la musica se non ce l'hai dentro. Non a caso si chiama strumento.
È vero il connubio fotografo-introverso? C'è più movimento all'interno?
Può essere vero come no. Nel mio caso non lo è.
Era una cosa che mi incuriosiva. Visto che prima hai nominato la musica c'è qualche caposaldo in te riguardo questo mondo? Qualche gruppo che per te è un punto fermo? C'è qualche artista che suscita in te forti immagini, visto che lo sguardo, e forse l'immaginazione, vengono prima della foto?
Ovviamente i Led Zeppelin. Sempre diffidare di chi non li ascolta. Ascolto comunque tantissima musica di generi anche molto diversi, quindi i miei riferimenti sono molteplici. I Massive Attack sono sicuramente uno dei punti più fermi in assoluto, così come i Queens Of The Stone Age. Ma mi risulta molto difficile dare una risposta breve: tendo ad andare a periodi e ad avere ascolti molto variegati. Mi sento molto legata a tutto quello che ascolto, da cui la difficoltà di discernere quali di questi siano caposaldi e quali no. Per esempio, Pink Floyd o Radiohead sono band che ho consumato, ma a cui ritorno raramente e che ugualmente sento presenti nel mio DNA musicale. Lo stesso vale per José González e per una miriade di band italiane, sono tutti progetti che sento vicini a me e che in qualche modo mi hanno accompagnata. E che continueranno a farlo. Sicuramente ci sono alcuni artisti che riescono a evocarmi immagini più potenti di altre. Fra questi Trentemøller, New Candys, Nine Inch Nails e Massimo Volume. E, su tutti, i Massive Attack menzionati anche sopra.
È più facile fotografare oggetti o persone? E quale da più soddisfazione?
Penso dipenda dalla ricerca di chi scatta. Io sono interessata alla componente umana della realtà e alle sue manifestazioni, quindi tendo a sentirmi meno coinvolta da generi fotografici come lo still life (ripresa di uno o più oggetti inanimati, solitamente a fini commerciali). Ma non si tratta sicuramente di un sentire legato alla difficoltà dello scatto: allestire un set con stativi e flash è un processo diverso rispetto a quello richiesto dalla fotografia di live, dove la sfida diventano invece luci basse e soggetti sempre in movimento, ma mi sembra ugualmente finalizzato alla ricerca della via più congeniale per fissare una visione e un'idea. Quella fra persone e oggetti è comunque una divisione un po' labile: fotografare un mazzo di fiori gettato in un cassonetto, un cronometro dimenticato in uno spogliatoio o delle scarpette lasciate sulla tomba di un ballerino significa ritrarre una componente umana fortissima, sebbene si tratti in tutti e tre i casi di oggetti.
C'è una tecnica in particolare che ti appassiona?
Live photography, insieme a street photography e fotografia di reportage.
Mi riferivo più che altro a cose tipo macro, bianco e nero, cose così
Sicuramente il bianco e nero.
Ho visto qualche tua foto, appunto in bianco e nero, in ambito urbano. È più facile trovare l'ispirazione in una città rispetto ad altri contesti?
Dipende da chi guarda, dalla profondità dello sguardo che getta sul mondo e da come quest'ultimo lo attraversa di rimando. Quindi direi di no, non è necessariamente più facile.
Cosa ne pensi di Instagram? Sembra che con un telefono tutti possano dirsi fotografi. È così?
È un tema molto ampio e complesso. È chiaro che scattare una foto con un telefono e applicarle un filtro di per sé non basta per dirsi fotografi, ma è anche vero che la presenza sui social è oggi un elemento di promozione fondamentale. Da questo punto di vista Instagram può fare parte di un pacchetto di applicazioni legate al visivo che per un fotografo può avere senso avere, indipendentemente dal fatto che la qualità media degli scatti pubblicati ogni giorno attraverso questo canale sia molto lontana da un senso alto della fotografia. Anche perché questo non vale esattamente per tutti i profili, ce ne sono alcuni che offrono scorci e immagini di qualità molto elevata. Ma è una qualità che esiste fuori, chiaramente non generata dal social stesso. È un mezzo dalle potenzialità immense ma che, personalmente, trovo comunque molto rumoroso.
C'è qualche fotografo che segui appassionatamente?
Antonio Rasi Caldogno, che oltre a essere un amico è il fotografo più punk che conosca. Ha la geometria negli occhi, un senso della composizione dell'immagine che non trovo in nessun altro e una totale anarchia verso i concetti di base della fotografia, espressa in lavori di rara intensità e a cui controbilancia l'evidente capacità di fare quello che gli pare, rientrando nei canoni quando e come vuole. E poi Simone Cargnoni, conosciuto qualche mese fa a Milano dove si trovava come reporter per documentare il Mi Ami: di lui mi piace la delicatezza discreta con cui guarda alla realtà, fissandola al momento giusto. E poi ha un bianco e nero perfetto. Questo dando comunque per scontati i grandissimi della fotografia, in particolare Erwitt, Robert Doisneau, Mario Giacomelli che trovo straordinario, Stephen Shore, Letizia Battaglia e ovviamente Cartier-Bresson. Ogni loro rilettura, anche a distanza di molto tempo, è fonte di visioni nuove.
Saluti i nostri lettori con qualche canzone a cui sei legata particolarmente in questo periodo? Ti ringrazio nuovamente per lo scambio interessante!
Tre pezzi di questo periodo sono One Eye Open di Trentemøller (e in realtà tutto l'ultimo Fixion), Gallo da combattimento delle Capre A Sonagli e inevitabilmente Smooth Sailing dei Queens Of The Stone Age, perché anche quando penso di no mi frega sempre e torna da me. Alessandro Spagnolo
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