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Intervista ai Revo Fever

  • Roberto Checchi
  • Jun 15, 2017
  • 4 min read

Pochissimo tempo fa è uscita una nostra recensione del loro ultimo lavoro, Vivere il buio, abbiamo deciso di non fermarci al primo step e per analizzare più a fondo il disco abbiamo pensato di fare qualche domanda ai diretti interessati, i Revo Fever, ecco quello che ne è venuto fuori.

Partiamo dall’ambito cinematografico. C’è qualche film che ha guidato le vostre visioni/allucinazioni lungo questo lasso di tempo sfumato tra il buio della notte e le prime luci dell’alba?

Sicuramente Drive di Nicolas Winding Refn. Nonostante la criminalità di Los Angeles sia un mondo molto distante da quello che viviamo e raccontiamo nel disco, la fotografia, i silenzi, i viaggi in macchina di questo film colpiscono proprio quell'immaginario notturno e “sospeso” che descriviamo nel nostro disco. Non a caso abbiamo nascosto tra una traccia e l'altra di Vivere il Buio alcuni dialoghi tratti da Drive!

Cosa rappresenta l’oro che cercate? È legato ad una ricerca interiore?

Mmmh non tanto... Tutti noi lavoriamo di notte, e anche la nostra attività di musicisti si svolge soprattutto in queste ore: la metafora di cercare l'oro nel buio rappresenta il raggiungimento di un obiettivo, che può essere declinato come successo della band, come soddisfazione lavorativa, come conquista di una donna, come semplice divertimento... Diciamo che la frase chiave del testo è “Dove tu vedi nero / Io ci vedo una miniera”: per noi le ore notturne sono il momento in cui tutto è in gioco, e a noi piace vincere.

Come è nato l’album Vivere il buio?

È nato dopo una lunghissima gestazione: avevamo scritto una trentina di canzoni, poi ne abbiamo salvate dieci e abbiamo fatto un lavoro di pre-produzione davvero minuzioso, insieme al nostro produttore Marco Olivi. Volevamo che il nostro disco d'esordio rendesse pienamente conto delle nostre intenzioni, sia dal punto di vista musicale, sia da quello dei testi e dell'immaginario. Volevamo che fosse sincero ma non sciatto, originale ma pop, appetibile a un vasto pubblico. Inevitabilmente quando vuoi mettere insieme tutti questi aspetti il lavoro è lungo e faticoso!

Cosa è successo nel martedì di martedì?

Assolutamente niente ahaha! Anzi, parla proprio di questo: un banalissimo martedì sera, quando esci dal lavoro ed è già tutto chiuso, ma ti lasci andare nella notte e riesci lo stesso a trovare la tua situazione. Sai, quando non succede niente di eclatante ma senti che in quel momento non vorresti essere da nessun'altra parte: quel martedì eravamo semplicemente noi, e ci stavamo bene.

I testi sono molto belli, quanto conta in un album questo fattore?

Grazie! Beh, in Italia se canti in italiano la gente valuta attentamente quello che dici. È per questo che solo in Italia può esistere una “questione Verdena”: i loro testi fanno schifo e non hanno senso, oppure sono geniali perché mettono il suono delle parole a servizio della musica? Gli anglosassoni non si fanno questi problemi (ovviamente un bel testo dà un valore aggiunto, ma questo è un altro discorso), mentre se suoni per il mercato italiano devi mettere in conto che il fattore testuale è decisivo. Nel nostro caso addirittura parliamo di un concept album, quindi l'importanza dei testi sta anche nel connettere i vari brani: è per questo che molte immagini e frasi ricorrono in diverse canzoni, un aspetto che abbiamo scopiazzato da The Suburbs degli Arcade Fire (Madonna che album era? Pazzesco...).

Cosa ascoltavate in quel periodo? I cori in 4 del mattino mi ricordano i Cajun Dance Party...

Non li conosciamo, andiamo subito ad ascoltarli! In ogni caso, mentre scrivevamo il disco sono usciti due album fondamentali per la black music (o per la music in generale), ossia To Pimp A Butterfly di Kendrick Lamar e Black Messiah di D'Angelo: lì abbiamo capito che il nostro pop psichedelico (ispirato ai riverberoni di Tame Impala, Unknown Mortal Orchestra, Arctic Monkeys...) dovesse avere quella componente ritmica tipica di r'n'b e hip hop. Ascoltiamo anche molta musica elettronica, Caribou e Nicholas Jaar su tutti, e questo probabilmente ci ha aiutato molto nell'arrangiamento dei pezzi. Per quanto riguarda i cori di 4 del Mattino, sono nati per doppiare la parte di chitarra di Aligi, una roba in falsetto un po' alla Kasabian.

Cos’è la cosa più importante da tenere a mente quando si sta componendo un album? È più una sorta di dovere oppure un piacere tramite il quale spostare i propri pensieri?

Creare un prodotto artistico è uno dei più grandi piaceri del mondo, ma bisogna essere professionali per raggiungere i propri obiettivi. Diffidare sempre di quelli che esaltano l'immediatezza al grido di “mi è venuto naturalmente, faccio solo quello che mi sento”: la creatività richiede tantissima dedizione e allenamento e, per non disperdere troppe energie mentali, è fondamentale avere progettualità. Per questo la cosa più importante da tenere a mente sono i limiti che un disco deve avere: mentre scrivevamo Vivere il Buio abbiamo deciso di incanalare il nostro flusso creativo nei binari del pop psichedelico e del r'n'b, con testi incentrati sulla nostra vita di notte. Grazie a queste regole che ci siamo dati siamo riusciti ad ottenere un prodotto finale esattamente come volevamo.

Siete soddisfatti del lavoro? Se poteste cambiare qualcosa di come avete lavorato o del risultato lo fareste?

Quando lavori così a lungo e così minuziosamente, poi il tempo dà i suoi frutti: è un album che riascoltato anche per l'ennesima volta ci rende orgogliosi, perché è proprio come volevamo che suonasse. Magari per il prossimo metterci un po' meno tempo non sarebbe male ahah!

Ci salutate con un brano per cui siete in fissa in questo periodo (se c’è)? Ciao ragazzi!

Te ne diamo uno a testa:

Tame ImpalaLet it Happen (Soulwax Remix)

Carl Brave x Franco 126Enjoy

Alt-j 3ww

Thundercat Friend Zone

 
 
 

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