Un pittore del quotidiano: Ritratto di Famiglia con tempesta di Hirokazu Koreeda
- Roberto Checchi
- Sep 15, 2017
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Hirokazu Koreeda nasce a Tokio nel 1962 e vive per la prima parte della sua vita nei palazzoni popolari in cui è ambientata la vicenda di Ritratto di famiglia con tempesta. Nello scrivere questo non intendo dire che i palazzi in cui ha vissuto siano “simili” a quelli rappresentati nella pellicola; lui ha realmente vissuto nel palazzo popolare abitato anche dai protagonisti di questo racconto, uno dei tanti elementi di vicinanza tra la realtà della sua vita e la finzione del racconto. Dopo la laurea all’università di Waseda, comincia la sua carriera come documentarista, una formazione che lascerà ampie tracce anche nei suoi lungometraggi. Spesso accostato (come prima o poi accade ad ogni grande regista giapponese) a Yasujiro Ozu, di cui lo possiamo considerare un erede spirituale, Koreeda si dichiara profondamente debitore al cinema di Mikio Naruse, la cui influenza è riconoscibile nella rappresentazione del dramma di tutti i giorni delle persone comuni e nel tono di realismo del film.
Ryota Shinoda (Hiroshi Abe) è un uomo che ha perso tutto, divorziato dalla bella moglie Kyoko (Yoko Maki) a cui deve pagare gli alimenti, costretto a vedere il figlio Shingo (Taiyo Yoshizawa) una volta al mese, afflitto da un blocco dello scrittore che lo tiene fermo da ormai diversi anni; i pochi soldi che guadagna li riceve dal suo misero stipendio di investigatore privato in un’agenzia dai bassi obbiettivi. Tra un gatto da ritrovare e un’infedeltà coniugale, arrotonda lo stipendio con ricatti ed estorsioni, ma anche questi pochi soldi vengono spesi per compensare il vero grande problema che affligge Ryota: il gioco d’azzardo. Come suo padre prima di lui, lo scrittore è un accanito scommettitore, bici keirn, lotteria, slot machines, il gioco d’azzardo sembra accendere in lui un brivido di vita, quando in realtà lo sta lentamente consumando. Gli unici appoggi al pover uomo vengono dal giovane partner lavorativo, che si dichiara suo debitore e cerca di aiutarlo economicamente, e dall’anziana madre Yoshiko (Kirin Kiki) con la quale si apre onestamente salvo poi frugare nella sua biancheria nel tentativo di derubarla della pensione. Un tifone, il ventitreesimo della stagione, costringerà la famiglia Shinoda a fermarsi per la notte sotto il tetto dell’anziana donna, che implicitamente spera così di riuscire a riconciliare le parti. Ryota, Kyoko e Shingo nella notte si confesseranno, si avvicineranno e arriveranno ad una maggior comprensione l’uno degli altri, purtroppo però ciò che è rotto non può essere riparato. Finita la tempesta ognuno tornerà alla sua vita, ma la notte potrebbe aver fornito a Ryota una maggior comprensione del suo status di padre e degli impegni che questo ruolo comporta.
Diversi sono i tratti che accomunano il Ryota cinematografico e il regista: oltre al già citato luogo in cui sono cresciuti, entrambi hanno avuto un padre giocatore d’azzardo; la scena in cui Kyoko si arrabbia con il protagonista, perché questi ha comprato dei biglietti della lotteria al figlio, è una scena dell’infanzia di Koreeda (in questo caso più simile a Shingo che a Ryota). Entrambi condividono la vittoria di un premio letterario in giovane età ed entrambi hanno pensato di poter vivere di letteratura, ma fallendo. Per sua stessa ammissione, Koreeda sarebbe potuto diventare Ryota ad un certo punto della sua vita, se i consigli della madre non lo avessero spinto ad intraprendere una carriera differente. Già in Still Walking avevamo dei punti di contatto tra racconto e vita vera, questo è probabilmente il suo racconto più autobiografico.
Ritratto di famiglia con tempesta non condivide solo questo tratto di autobiografia con Still Walking, un altro punto di contatto è l’incipit dei due film, in cui la madre, interpretata in entrambi i casi da Kirin Kiki, è intenta a cucinare assieme alla figlia. Una scena intima e gioiosa attraverso la quale il regista sembra voler accogliere lo spettatore, invitandolo a prendere parte a quel rituale quotidiano che è la preparazione di un pasto. La rappresentazione del cibo è uno degli elementi attraverso il quale il film ci mostra la sua dimensione privata e famigliare, preparazione sempre legata a momenti di felicità e gioia. Oltre che in questo incipit, il cibo rivestirà una parte importante anche nella cena, preparato non più da una madre e una figlia ma da una nuora e una suocera, che spera di sfruttare la situazione per rinsaldare i logori legami famigliari. Cibo che in questa occasione diventerà anche metafora del modo di pensare degli uomini, troppo preoccupati delle “date di scadenza”, troppo concentrati sul passato (e sulla memoria) per poter vivere il presente.
La memoria, strettamente legata alla morte, è un altro dei temi che uniscono i due film citati, ma in generale tutta la cinematografia di Hirokazu Koreeda. Entrambe le pellicole si aprono all’insegna di un lutto, la morte del fratello Jumpei in Still Walking e quella del padre di Ryota in Ritratto di famiglia con tempesta. Nei suoi film la memoria ha una doppia accezione: possibilità di recuperare il passato e fardello che opprime il presente. L’oppressione della memoria in Still Walking è data dall’impossibilità del protagonista di andare ad occupare il vuoto lasciato dal fratello, quindi vissuta come rimpianto della sua dipartita; in Ritratto di famiglia con tempesta l’oppressione è data proprio dalla somiglianza tra Ryota e suo padre. Diversi dialoghi ci fanno capire come la mela non sia caduta troppo lontano dall’albero, il padre del protagonista era infatti uno scommettitore, un uomo che aveva impegnato ogni bene di loro proprietà per pagarsi il vizio del gioco d’azzardo e, come lui, anche Ryota impegna i pochi averi rimasti alla madre per assecondare questo vizio. Il peso di questa memoria grava sul protagonista, che si rende conto gradualmente di essere diventato come l’uomo che disprezzava e con cui non aveva un buon rapporto, proprio perché ne criticava i comportamenti, non riuscendo tuttavia a deviare dal sentiero già tracciato da questi. La memoria ha anche modo di diventare catalizzatrice di momenti felici o rivelazioni inaspettate, ne è un esempio la visita al banco dei pegni verso il finale dell’opera: il personaggio di Hiroshi Abe si è recato qui per impegnare un calamaio in pietra di famiglia, il rigattiere prima di pagarlo si fa firmare da questo una copia del suo libro, portatagli dallo stesso padre di Ryota quando ancora era in vita. Il ricordo del vecchio uomo, non più privato ma condiviso, diventa motivo di scoperta per il nostro protagonista, che attraverso questo arriva a comprendere che in fondo suo padre era stato orgoglioso della sua carriera di scrittore e non ne era dispiaciuto come prima riteneva.
Il rapporto padre-figlio è un altro degli elementi fondamentali del cinema di Koreeda. Già indagata nelle due opere precedenti a questa, Father and son e Little sister, la paternità per il regista non è un titolo che si acquisisce automaticamente con la nascita di un figlio, ma qualcosa che va conquistato nel tempo attraverso la fatica, il sacrificio e l’affetto. Se il protagonista di Father and son può essere considerato il padre di un figlio biologicamente non suo, in Ritratto di famiglia con tempesta ci troviamo davanti ad una situazione ribaltata; Ryota è biologicamente il genitore di Shingo, ma non può ancora esserne qualificato come padre, situazione che la stessa Kyoko rimarca durante una discussione, affermando che la paternità non sia un gioco. Il rapporto padre figlio però non si limita alla coppia Shingo/Ryota, ma inserisce anche il padre di quest’ultimo. Anche se una delle tre figure non appare mai fisicamente durante il corso della pellicola, ci troviamo comunque davanti ad una rappresentazione di tre diverse generazioni profondamente legate tra loro. Koreeda crea una coesione tra i suoi personaggi facendo ripetere ai figli le azioni compiute precedentemente dai padri, tale padre, tale figlio: Ryota è un giocatore d’azzardo come il vecchio Shinoda, Shingo ha un talento per la scrittura come Ryota. In due scene particolari vediamo come il rapporto Shingo-Ryota sia uno specchio del rapporto tra Ryota e suo padre. La prima di queste scene vede i primi due recarsi verso casa di Yoshiko, lungo la strada si fermano ad un chiosco che vende biglietti della lotteria. Nonostante Kyoko si sia espressamente raccomandata di non coinvolgere il figlio nel suo gioco d’azzardo, Ryota compra dei biglietti affermando che suo padre lo portava sempre a comprarli, non vedendone un problema. La seconda scena che ci mostra questo rapporto intergenerazionale è divisa in due momenti, prima con l’arrivo di Ryota e di suo figlio nel quartiere popolare. Passando davanti ad un parco giochi lo scrittore racconta di quando lui e suo padre erano sgattaiolati fuori casa in piena notte durante un tifone, per andarsi a nascondere sotto la cupola dello scivolo, mangiando dolci e chiacchierando (ancora memoria che diventa motivo di felicità). La scena diventa prefigurazione di quanto accadrà più avanti nel film durante il tifone, in cui sarà proprio Ryota a spingere il figlio ad uscire di nascosto per andarsi ad infilare nello scivolo, vivendo nuovamente lo stesso momento di felicità, ma in un altro ruolo.
Proprio lo scivolo diventerà teatro dell’apice emotivo della vicenda. Raggiunti anche dalla madre Kyoko, i protagonisti si trovano a vivere un momento di intimità famigliare. Shingo si allontana per comprare delle bibite ad una macchinetta e Ryota rimane solo con l’ex moglie. Un campo totale li pone entrambi in scena, quando lui prende parola “non doveva finire così”, i due si confrontano, nel loro dialogo si sente un amore ancora presente, ma ormai rassegnato all’inevitabilità dei fatti. Lui ha tradito la fiducia della donna che a sua volta ha cominciato ad uscire con un altro uomo, non si può più tornare indietro come se non fosse successo niente. Nei ritratti di famiglia di Koreeda, come in quelli di Ozu, il conflitto si risolve con una riappacificazione che porta una nuova armonia tra le parti, un’armonia in qualche modo migliorata perché ora entrambi hanno imparato a riconoscere i difetti e i problemi dell’altro. Sebbene la vita non permetta un ritorno all’armonia famigliare, nel finale agrodolce abbiamo l’impressione che questa nuova consapevolezza dell’altro possa portare ad una migliore dinamica di coppia, rispetto a quelle mostrata nella prima parte del film, una dinamica che magari preveda una maggiore presenza di Ryota nel ruolo di padre di Shingo.
Un’altra caratteristica che avvicina Ozu a Koreeda è la capacità dei due registi nipponici di caricare di significato piccoli oggetti quotidiani. Nel caso di questo film lo possiamo vedere nei già citati biglietti della lotteria, che tornano più volte nel corso della storia. Sono prima un ponte d’unione generazionale nel momento dell’acquisto, metafora di un sogno quando Shingo racconta alla nonna che in caso di vittoria avrebbe comprato una grande casa per portarla a vivere con loro (in una delle scene più commoventi del film, grazie alla strepitosa interpretazione di Kirin Kiki), sogno esplicitato anche dalle parole di Ryota che afferma di non aver comprato dei biglietti della lotteria ma proprio dei “sogni”. Questi diventeranno simbolo di una ritrovata serenità famigliare quando i tre protagonisti si metteranno a cercarli sotto la pioggia dopo che Shingo li ha smarriti nel vento; li vediamo anche durante il rientro in treno, quando Ryota decide di lasciarli al figlio, affermando che i biglietti siano suoi in quanto scelti da lui, un gesto che potremmo leggere in due modi: rinuncia al gioco d’azzardo da parte del padre e speranza per il futuro del figlio, giovane e ancora pieno di sogni.
La narrazione di Koreeda è priva di acuti drammatici, i personaggi sono realistici e le situazioni non sfociano mai nel melodramma; sono rappresentazioni della vita di tutti i giorni con i suoi piccoli ostacoli e i suoi problemi che potrebbero sembrare insignificanti, ma che sono enormi se visti dall’interno della storia. Per sottolineare questa quotidianità del racconto, Koreeda utilizza una fotografia morbida, priva di movimenti, con la macchina da presa bassa, all’altezza del tatami e un ripresa molto spesso larga, un campo totale che consente di contenere nel quadro tutta la famiglia contemporaneamente. Anche i luoghi sono scelti per restituire la sensazione di intimità famigliare che pervade il racconto. La scelta di un vero appartamento gioca in questo senso e quello che potrebbe sembrare uno spazio angusto e opprimente diventa, grazie alle scelte registiche sopra accennate, uno luogo caldo e accogliente, così come l’intimo interno della cupola dello scivolo che accoglierà l’epifania finale della famiglia Shinoda.
Contribuiscono a questa sensazione di intimità le recitazioni dei protagonisti, in particolare quella di Kirin Kiki e Hiroshi Abe. Proprio la loro performance in Still Walking ha permesso la nascita di questo film. È infatti dopo aver visto la grande chimica mostrata dalla copia che Koreeda ha deciso di volerli dirigere nuovamente e da questa sua decisione è nata la sceneggiatura di Ritratto di famiglia con tempesta. Abe Hiroshi ci mostra un uomo impacciato, un adulto che spesso pensa ancora come un bambino, dipendendo dalla madre, incapace di assumersi le sue responsabilità ed ancorato al passato. A fargli da contraltare la Yoshiko Shinoda di Kirin Kiki, una donna forte che nella vita è arrivata a sacrificare il suo sogno di trasferirsi in una bella villetta con figli e nipoti, per riuscire a mantenere la sua famiglia, per mantenere il marito che non è mai riuscito a portarla via da quel piccolo appartamento, per sostenere il figlio, ma anche per aiutare la figlia, alla quale pagherà le lezioni di pattinaggio della nipote. È lei la figura intorno alla quale gravita la famiglia Shinoda e non a caso sarà la protagonista della poesia di Shingo con tema gli eroi personali. Kirin Kiki ha una recitazione naturalistica, capace tuttavia di diventare enfatica nei momenti più emotivi e sarà lei la protagonista di alcune delle scene più commoventi del film.
Ritratto di famiglia con tempesta è una storia di tutti i giorni, ma allo stesso tempo una storia unica. Dopo che la tempesta si è abbattuta nella sua vita, distruggendo tutto quello che aveva, i cieli sembrano rischiarirsi per Ryota, e nel finale può cominciare a ricostruire dalle macerie che sono rimaste e anche se i segni del tifone resteranno per sempre, la vita continua.
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