T2: Trainspotting
- Roberto Checchi
- Nov 18, 2017
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I sequel, si sa, contengono spesso una gran dose di aspettative, tanto più quando il film precedente ha segnato una generazione. Per questo motivo, non è un compito facile quello di dover tenere alta l’asticella negli episodi successivi.
Trainspotting 2, a distanza di vent'anni, è lo strascico di un film che un po' per le tematiche trattate ed un po' per il modo in cui è stato concepito è stato un inno generazionale: Finiamo ora per guardare una pellicola di due ore cercando le sovrapposizioni, presenti nelle scene e nella scelta della colonna sonora, in preda alla nostalgia. I personaggi sono invecchiati, ed inevitabilmente noi con loro, un po' come le rimpatriate della classe delle elementari, in cui ci si trova dopo anni senza essersi mai incrociati per aggiornarsi su quanto si è fatto, con ancora viva un’immagine legata ad un passato che non può essere replicato o sostituito.
Il film riprende e usa come punto di partenza quanto lasciato in sospeso nella parte finale di Trainspotting: Mark, dopo essersi disintossicato, capisce di dover cambiare vita definitivamente. Così prende i soldi dell’ultimo affare e scappa, lasciandone una mazzetta dentro una cassetta di sicurezza per Spud, e gli altri a mani vuote. Facendo ciò scatena l’ira di Begbie, che ora lo cerca per vendicare il torto subito.
Quello che ne risulta appare però come un film realizzato solo per riempire un vuoto creatosi dopo il primo episodio, impregnato in maniera ineluttabile di nostalgia: dalle scene che ricalcano il primo Trainspotting, a Iggy Pop che risuona con Lust For Life ed il monologo di Choose Life rivisto in chiave moderna per essere adattato ai cambiamenti generazionali (uno su tutti: i social network). Più che un semplice sequel Trainspotting 2 riecheggia come un tentativo di rispolverare la memoria del primo storico film del 1996, in una sorta di richiesta di non essere lasciato nel dimenticatoio. Alessandro Spagnolo
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