Intervista a I Ministri
- Roberto Checchi
- Mar 14, 2018
- 4 min read

Da più di dieci anni, sono gli alfieri del Rock in Italia, con il loro mix vincente di energia e testi che colpiscono nel profondo. Ovviamente stiamo parlando dei Ministri, band milanese formata da Federico Dragogna, Davide “Divi” Autelitano e Michele Esposito; riconosciuta da molti come una delle migliori realtà dell'attuale panorama musicale italiano. Ci avevano lasciato dopo il tour che aveva seguito l’uscita dell’album Cultura generale, ma, dopo un anno di silenzio, sono tornati con la loro sesta fatica, Fidatevi (l'album è uscito il 9 marzo), anticipato dall’uscita dei singoli Fidatevi e Tra le vite degli altri. Abbiamo avuto il piacere di far loro qualche domanda su questo nuovo disco. [if !supportLineBreakNewLine] [endif]
Che approccio avete avuto durante la realizzazione del nuovo disco rispetto al precedente, anche alla luce del cambio di produzione da Gordon Raphael a Taketo Gohara?
Federico: Tendenzialmente il nostro processo creativo è sempre lo stesso; inizialmente facciamo una pre-produzione nel nostro studio, fatta tutta da noi, cercando di costruire la struttura e la forma che vogliamo dare al disco. Successivamente, cerchiamo di capire con chi vorremmo collaborare. Per lo scorso album, avevamo voglia di sperimentare qualcosa di nuovo, provando a collaborare con un produttore straniero che stimavamo e che aveva prodotto degli album che ci piacevano, e che, ovviamente, fosse praticabile economicamente. Con Gordon Raphael ci siamo dovuti confrontare con un produttore che predilige la presa diretta, un po’ stile Punk, a differenza delle registrazioni di Fidatevi, nelle quali abbiamo voluto essere il più possibile fedeli alle idee uscite dalla pre-produzione.
Divi: La scelta di Gordon Raphael rappresentava per noi un percorso per rimettere al centro di tutto la Musica, forse anche per riviverla in quella concezione originaria, un po’ come agli inizi. Soprattutto anche per il fatto di confrontarsi con un linguaggio (letterale e musicale) diverso dal solito. Inoltre, registrare a Berlino ci ha dato la possibilità di vivere un’esperienza nuova e stimolante. Con Fidatevi, invece, volevamo rimettere al centro le idee che avevamo avuto durante la pre-produzione, e, grazie al prezioso contributo di Taketo Gohara, il disco è stato esaltato proprio come volevamo noi.
Nel brano Due desideri su tre affermate che «l’Italia è un disco che non trovo più». Anche al netto dei risultati post-elezione, qual è l’Italia che volete raccontare con questo disco?
Federico: Con questo disco non volevamo dare un’idea prettamente politica del Paese; anche perché cominciamo davvero a sentire centrali nell’analisi delle nostre vite cose che affondano le loro radici molto prima di quello che è il confronto politico, o le decisioni dei partiti. Perché, in sostanza, non è quello che definisce le nostre anime e i nostri atteggiamenti verso la quotidianità della vita. L’Italia è un Paese dalle enormi potenzialità ed umanità, ma è ancora un posto nel quale le novità faticano ad emergere, portando grandi parti del Paese a disaffezionarsi, e decidere di andar via. È un Paese nel quale i giovani non si sentono protagonisti, nonostante siano il polmone della società, la forza con la quale essa si può rinnovare. Questa è la realtà con la quale noi ci confrontiamo ogni giorno, e della quale ci sembrava giusto parlare.
Michele: Forse questa è la cosa più politica che si può dire in questo momento.
Durante l’ascolto del disco, sembra di percepire quella nota critica, verso la società e verso una fiducia che viene a mancare, che voi avevate espresso chiaramente in pezzi come I giorni che restano, come se ci fosse una parte consistente della società che ancora oggi fatica a fidarsi dei giovani, di coloro che vengono da altri contesti e situazioni. Vi sentite ancora inadeguati?
Divi: Il senso di inadeguatezza è il leitmotiv di molte canzoni di questo disco. Ci interroghiamo, appunto, su quanto il nostro essere inadeguati precluda il fatto che altri riescano a fidarsi di noi, e viceversa. Devo dire che il Rock ha smesso di parlare tramite slogan, ma, a mio parere, dovrebbe prendere dei connotati più individuali (mettendo al centro delle canzoni il contenuto), senza dimenticare il contesto nel quale viviamo, e con il quale ci confrontiamo, in modo tale che si riesca a veicolare un messaggio più serio, che ci porti a riflettere veramente su noi stessi.
A livello sonoro, questo disco ricorda molto le atmosfere di Fuori. Sia nelle sonorità (in particolare in canzoni come Crateri e Mentre fa giorno) che nei testi. Ci sono dei punti in contatto tra questi due dischi?
Federico: Si può dire che ci sono molti punti di contatto tra i periodi nei quali scrivevamo questi due album. Due periodi, personalmente, molto cupi e scuri, nei quali ritrovo molte similitudini nell’attitudine con la quale ci siamo approcciati alla realizzazione del disco. Quindi sì, se dovessi pensare ad un disco che possiede dei punti di contatto con Fidatevi, penserei a Fuori.
Forse con questo album avete perso un po’ quella vostra prerogativa di parlare di qualcosa di comunitario, di collettivo, prediligendo la sfera individuale. Per voi cos’è stato fare questo disco? Perché avete scelto uno squalo come immagine identificativa dell'album?
Divi: Credo sia sta una sorta di “reazione” a questo modo di affrontare certi tipi di discussioni in modo generalistico e superficiale. Forse, tornando un po’ alla sfera individuale, è possibile approfondire una riflessione, ed essere più sinceri. Non abbiamo più voglia di urlare. Vogliamo – attraverso la Musica – essere costruttivi, e contribuire a ricostruire le basi di una nuova società. Abbiamo scelto lo squalo in quanto figura fortemente ossimorica rispetto al nome dell'album, per creare un contrasto, proprio perché lo squalo è l’ultimo degli animali che suscita un'idea di fiducia. Antony Bidzogo e Lorenzo Giardina
Comments