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Avrei voluto registrarti la nostra giovinezza in Betamax

Quando un mio amico mi ha proposto di andare a sentire L'Orso a teatro con orchestra ero abbastanza scettica. Era fra i gruppi che conoscevo meno della Garrincha Dischi e le canzoni non mi erano mai entrate in testa più di tanto, mi ricordavo di averli beccati di striscio suonare le ultime due canzoni della scaletta al Garrincha Loves Milano, a cui ero arrivata in ritardo, ma mi ero trovata nella situazione imbarazzanti che molti di voi avranno provato almeno una volta di trovarti ad avere attorno persone che cantano e ballano le canzoni suonate, mentre tu non ne conosci nemmeno il titolo.

Alla fine per il live a teatro mi sono fatta convincere dai vari pacchetti per il biglietto, ne ho scelto uno e con 12 euro mi sono beccata biglietto, due cd di cover di vari gruppi della Garrincha (per essere precisi, il Calendisco e il Cantanovanta di cui consiglio caldamente 'Fiky Fiky' interpretata da Lo Stato Sociale e 'Serenata Rap' da L'orso) e la locandina dell'evento. La sensazione che ho avuto ieri sera quando sono entrata al piccolo teatro Oscar è stato qualcosa di simile a sabato scorso quando sono andata al Bachelite a sentire gli Officina Della Camomilla, anche se ci trovavamo in un teatro e non in un bar; l'atmosfera ancora una volta era intima e confidenziale.

Il sorriso nasce inevitabile nel vedere appoggiata su ogni poltroncina una maschera di carta di James Van Der Beek, il famoso protagonista della celeberrima serie tv degli anni 90 Dawson's Creek, in relazione alla loro omonima canzone feat. Magellano contenuta nel loro (per ora) unico cd, "L'Orso".Ciò che secondo me salta subito all'occhio ad un live degli Orso è la presenza scenica del loro frontman, Mattia Barro: riesce subito a scaldare l'ambiente e gli spettatori con una naturalezza e un carisma che non sono scontati. Le canzoni sono tutte semplici e orecchiabili, anche nei testi, che parlano di quotidianità, di adolescenza, di gioventù inquieta e di amori felici o meno, ma per lo più infelici, usando anche termini e riferimenti tipici della società in cui siamo immersi oggi, come quando Mattia ci canta "con tutte le lettere che ho lasciato a marcire nel Mac, intasandomi Gmail " in 'Invitami per un tè'. Insomma, canzone dopo canzone, con l'orchestra che andava e veniva (ho persino incontrato un mio amico violoncellista di Pavia!), la musica di questo quartetto composto da Mattia Barto, Tommaso Spinelli, Gaia D'Arrigo e Giulio Scarano mi ha conquistata.Al termine del concerto, Mattia si è rivelato esattamente come lo vedi sul palco: simpatico, disponibile e direi anche con una sorta di aura poetica.

Vedendo la lunghissima fila di persone che lo hanno assalito chiedendo autografi su cd, maglie, locandine e tutto ciò su cui si può pensare di farsi fare un autografo io mi sono appropinquata a Lodo Guenzi (Lo Stato Sociale) che era fra la folla come spettatore chiedendogli una foto come la peggiore delle preadolescenti, poi quando la folla attorno all'amato frontman degli Orso si è sfoltita mi sono avvicinata. Lui pur avendo già firmato almeno un centinaio di autografi e scaricato un paio di pennarelli (ma non importa, i fan ne avevano loro dietro degli altri!) è stato comunque cordialissimo, si è presentato come ti presenteresti ad un amico -Piacere, Mattia!- con stretta di mano e la cosa mi è piaciuta un sacco e poi si è inventato l'ultima dedica della serata sulla mia maschera di James Van Der Beek.Ho avuto quasi una sensazione di malinconia uscendo, la serata era stata coinvolgente al punto giusto e un perfetto mix fra la formalità di un teatro e il calore confidenziale dei gruppi della Garrincha. E ho pensato di accordarmi i polsi, che è da un po' che non scrivo più.

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