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La casa per bambini speciali di Miss Peregrine

  • Roberto Checchi
  • Dec 23, 2016
  • 3 min read

Lo spettatore medio contemporaneo sotto la quarantina si divide in due categorie fondamentali: chi è cresciuto con i film di Tim Burton e chi no. Io, ultima arrivata classe 1994, appartengo disperatamente alla prima ed è a noi che La casa per bambini speciali di Miss Peregrine, ultima pellicola del regista, è dolcemente dedicata.

E' difficile parlare del cinema di Tim Burton in termini globali perchè si tratta di uno di quegli artisti – rari - che hanno creato e definito il proprio genere in ogni suo aspetto, da quello estetico a quello concettuale, caratterizzandolo al punto da non trovare termini di paragone, ma da diventare egli stesso un modello. La cosa, se sotto un certo punto di vista mette un artista nella solida posizione di essere un autore riconosciuto, dall'altra rende la propria produzione indelebilmente legata all'immaginario che ha creato di sé.

E' complesso perciò dopo essere stati allevati dallo sguardo malinconico di Johnny Depp in Edward Scissorhands, aver guardato in loop pellicole come Il mistero di Sleepy Hollow e aver passato le festività incollati a Nightmare before Christmas, sedersi al cinema per vedere il nuovo di Burton e aspettare che ci entri dentro e ci emozioni come prima: non sarà questo che distinguerà un suo buon film da un suo film non riuscito.

La casa per bambini speciali di Miss Peregrine è un film riuscito nel suo essere quasi un'autocitazione ai temi e al mood tipicamente burtoniani: è un omaggio a se stesso di qualità, fine e che va a toccare corde naif del nostro cuore, ricordandoci che le emozioni semplici rimangono un valore da difendere ad ogni età.

Il protagonista è l'antieroe tipico del regista: un adolescente, emarginato e solitario, che riesce a trovare una serenità emotiva solo nel contesto extraordinario, un contesto qui rappresentato in un modo semplice ma non riduttivo. La storia si dipana in una modalità che ricorda un po' il gioiellino del 2003, Big Fish, anche noto come “quando abbiamo scoperto che Ewan McGregor può anche essere un protagonista dolce e malinconico” (ed è bravissimo): i vecchi racconti che fanno sognare, il rapporto stretto con il parente stravagante, l'attrazione fatale dell'autore per il concetto di tempo.

Quello che però rende nettamente questo film il più teneramente burtoniano dai tempi di Sweeney Todd è l'atmosfera autenticamente gotica e cupa che ci era un po' mancata nelle pellicole degli ultimi anni: dalla scelta dei volti, alla caratterizzazione delle stranezze dei “bambini speciali”, passando per la scenografia e lo stile, che nel suo essere dark mantiene un gusto vintage irresistibile.

Ci sono le due figure di donne tipiche del suo cinema: Da un lato Emma, quasi un'incarnazione della iconica sposa cadavere, bionda, delicata e con un paio di scarpe di piombo che la tengono ancorata al suolo, dall'altro Miss Peregrine, la carismatica e autoritaria direttrice, una splendida Eva Green con un'interpretazione che – detto da una profonda amante di Helena Bonham Carter – quasi non ci fa rimpiangere la moglie di Tim.

Spesso crescere significa rinunciare a delle emozioni e a dei complessi in nome di qualcosa che viene chiamata maturità che forse ci ha fatto mettere via il dvd di Nightmare Before Christmas ma c'è chi continua a sentire un senso di smarrimento e inadeguatezza anche davanti alla quotidianità: loro continuano ad amare l'immaginario disegnato pezzo per pezzo dal regista di Burbank sapendo che cercare in esso un'evoluzione stilistica o un nuovo acume è fuori luogo ma continuando a ritrovare la camera della casa dei nonni in montagna in cui prima passavano ogni weekend mentre ora è un rifugio con quelle coordinate familiari genuine e nostalgiche che ci cullano e ci sottraggono sempre un pezzo di cuore. Carlotta Magistris

 
 
 

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